13 gennaio 2009

Rivoluzione democratica. Riflessioni e proposte

da I SOCIALISTI PER LE LIBERTA’
Giunti alla soglia del 3° millennio, quando nel mondo, dinanzi ai nostri occhi, si stanno compiendo grandi trasformazioni nell’economia e nella cultura; giunti ormai ad una dimensione globale dei mercati e delle informazioni, coloro che assumono la responsabilità di esercitare liberamente il pensiero hanno di fronte un bivio, una scelta non evitabile.La prima via consiste nell’adeguarsi al linguaggio ormai globale del commercio e delle banalizzazioni evidenti. Si tratta di una via comoda e ben asfaltata, piena di servizi invitanti di hostess e veline, di aree di servizio ben fornite, di locali lussuosi, di salotti di conversazione, di occasioni di svago e di guadagno facile.La seconda via è fatta di sforzi che possono apparire all’inizio addirittura enormi, sovrumani. Di sacrifici, anche economici e di penosa ricerca. Di solitudine, sbeffeggio e derisione da parte dei più, impegnati a prostituirsi anima e corpo nella mondanità. E’ fatta anche di perseveranza e cocciutaggine, quando la mancanza di risultati porterebbe ad una facile, razionale disperazione e rinuncia. La seconda via è una strada certo non facile, di cui a tratti è persino possibile perdere la traccia, anche perché sono davvero in pochi a percorrerla. Non è facile rinunciare ai successi della mondanità ed all’edonismo imperante. D’altra parte mancano ormai pochi anni ad un grande cambiamento ed è il momento di entrare in azione, di gettare il seme destinato a crescere, quando il mondo si ritroverà molto diverso da come lo avevano pensato i teorizzatori dello sviluppo economico senza confini e senza limiti.Il nostro mondo (mi riferisco particolarmente all’Italia perché ci vivo, ma vale per tutto il mondo occidentale), da alcuni anni vive una gravissima crisi di valori: nel mondo della politica, con la crisi delle ideologie; nel mondo della gestione amministrativa della cosa pubblica, dove il sistema che esiste per dare garanzie a tutta la collettività funziona così male da far dubitare sulla stessa ragione della sua esistenza; nel mondo delle religioni dove fanatismo, edonismo ed estremismo hanno annullato la spiritualità e la trascendenza. Gli stessi partiti politici, che nacquero come momento di aggregazione dei cittadini per la realizzazione di modelli di società fondati su valori autentici, oggi appaiono come centri di potere, che rispondono solo a stessi, in prevalenza preoccupati della loro autoconservazione; e la classe politica, nel suo insieme, è vista e sentita dal popolo come una casta, che grava economicamente sull’intera collettività, senza essere al servizio del popolo, ma in grado di gestire solo interessi particolari e/o personali. E poi, sul piano internazionale, grandi masse di poveri, disperati, premono ai confini dei paesi più ricchi, perché il “governo mondiale” non è in grado di dare risposte concrete, efficaci ai grandi problemi dell’umanità, come la fame, la salute, il lavoro, i bisogni primari in genere, che si accentuano in occasioni delle grandi catastrofi naturali. A tutto ciò si aggiunge la gravità della situazione ambientale: l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera sta provocando sconvolgimenti climatici che possono portare l’intera umanità in poco tempo alla sopravvivenza se non alla fine. I dati di questi ultimi anni parlano chiaro. Il nostro mondo ha bisogno di risposte positive. C’è necessità di generare idee che possono ispirare, guidare l’azione giornaliera della politica come della gestione tecnica e amministrativa della “cosa pubblica”, dal piccolo livello aziendale dell’amministrazione locale, al governo mondiale dell’economia e della politica.Dobbiamo, tutti, essere il motore del cambiamento, esercitando la capacità di pensiero, rinunciando all’immedesimazione egoistica per poter vedere e chiedersi anche il perché delle cose più semplici, senza dar nulla per scontato e senza considerare ogni partita persa in partenza. Bisogna generare idee nuove che guidino l’operare quotidiano per elevare la condizione non di alcuni sugli altri, ma di tutti gli esseri umani della comunità locale come di quella mondiale.Perché, come mai oggi, ci ritroviamo a subire un’organizzazione politico-sociale sedicente democratica, che di democratico ha davvero ben poco o nulla? Perché subiamo un sistema partitico di politici che il popolo non sente più come qualcosa che gli appartiene? Vediamo un attimo come è andata storicamente. Con la rivoluzione francese, infatti la classe borghese in ascesa, utilizzando il popolo come testa d’ariete per rimuovere la nobiltà dal controllo del sistema politico, si accorse che ben presto del come e perché fosse così pericoloso detenere contemporaneamente si ai l potere economico che quello politico come avevano fatto fino ad allora i nobili. La borghesia, quindi, che si avviava a conquistare il potere politico, sviluppò un concetto di democrazia in cui erano, si, i cittadini a votare ed eleggere i loro rappresentanti per l’esercizio del potere politico della comunità, ma non vincolando in nessun modo l’operato degli eletti dal popolo così da poter poi indirettamente ma concretamente, governare le cose della politica tramite i medesimi rappresentanti eletti dalle masse.Dando con ciò agli elettori l’illusione che siano loro a governare il Paese, mentre di fatto i rappresentanti eletto non sarebbero stati legati da nessuna forma di mandato ai rispettivi elettori. Gli eletti sarebbero invece stati di fatto legati, attraverso vincoli, denari, condizionamenti, agli interessi dei poteri economici e finanziari, in grado di mettere a disposizione le risorse necessarie per le campagne elettorali. Non sarebbero di certo stati legai ai fiduciosi compilatori delle schede elettorali. Ergo, il sistema democratico così concepito (valido anche oggi) nelle democrazie occidentali (vedi la nostra) risulta superato dalla storia, dalla cultura, dall’informazione, dalla consapevolezza che è maturata negli ultimi anni cinquanta. Oggi ci troviamo calati in una democrazia, che tale è solo in senso formale, mentre è ben altro il significato reale, concreto, della nostra forma di organizzazione politica. Democrazia illusoria, e muro di gomma reale. La democrazia illusoria è fondata su tre principi fondamentali: 1) Mancanza di vincolo di mandato tra eletti ed elettori, cioè non esiste nessun impegno di tipo contrattuale in sede elettorale tra elettore ed eletto.2) Grande limitazione (se non totale) alla democrazia diretta.3) Segretezza del voto. Questi principi sono i fondamenti di un sistema in cui l’elettore non ha nessun potere di controllo sull’operato del rappresentante eletto: la Costituzione prevede infatti che ogni membro del Parlamento eserciti le sue funzioni senza vincolo di mandato. In sostanza può promettere e non mantenere. La segretezza del voto elimina infine ogni responsabilità dell’eletto nei confronti dell’elettore. Nel senso che l’eletto non conosce i suoi elettori, mentre conosce molto bene chi gli ha finanziato la campagna elettorale. Il referendum, al fine, è sempre più un diritto teorico, mentre dovrebbe essere solo uno strumento operativo al servizio della vera democrazia; democrazia rappresentativa la prima, democrazia diretta la seconda. Secondo la normativa attuale è evidente che le elezioni, anziché impegnare i candidati eletti a rappresentare effettivamente le istanze ed i bisogni di coloro che li hanno eletti, finiscono per essere solo un sondaggio, a disposizione del “vero” sistema di potere economico dominante. Infatti il “vero potere dominante” usa le elezioni-sondaggio per individuare quali fra i candidati siano quelli in grado di meglio controllare il consenso popolare; i “poteri forti” dell’economia e della finanza realizzeranno, poi, il “contratto” per governare attraverso coloro che hanno dimostrato, con i numeri, di saper raccogliere e controllare meglio il consenso delle masse elettrici. I poteri forti governano in sostanza tramite gli eletti, che loro controllano, e, non gli elettori. Viviamo insomma, non in una democrazia, ma in una sorta di sistema di controllo postfeudale, rivisto e corretto a “vassallaggio variabile” mascherato da democrazia. I padroni del sistema economico restano i medesimi, mentre di volta in volta possono cambiare i controllori del consenso popolare. Storicamente, del resto la dinamica classe borghese non poteva che rendere più efficace ed efficiente il vecchio controllo nobiliare di origine feudale. La borghesia quindi ha solo migliorato a suo vantaggio i privilegi feudali. Cosa fare, per poter sperare di arrivare ad un sistema democratico davvero rappresentativo delle necessità popolari? Credo sia necessario introdurre il “principio di responsabilità” nel processo di acquisizione e gestione del consenso elettorale. In sostanza è necessario che il candidato nel momento in cui si propone all’elettorato si assuma responsabilità precise in ordine alle azioni concrete, agli indirizzi di attività, alle leggi e delibere amministrative che si impegna a realizzare una volta eletto. Cioè, precisi impegni sulle azioni future, attraverso strumenti semplici e chiari come il patto civico, il patto regionale, il patto nazionale, che dettagliano strategie, decisioni concrete, tempi di realizzazione dal lungo termine (piano strategico) al breve termine (programma operativo), con verifiche periodiche che diano all’elettorato la possibilità di “misurare” le prestazioni, verificando le realizzazioni rispetto a quanto programmato, sia nei contenuti che nei tempi. L’elettorato deve sapere. VISTO IN questa ottica il principio di segretezza del voto viene a cadere, o quantomeno viene messo in discussione; sono convinto che quasi noi tutti rinunceremmo alla facoltà di esprimere segretamente il voto a fronte di un interesse più rilevante, la possibilità cioè di sindacare con il voto palese l’operato del rappresentante da noi eletto. Espresso in “soldini” è meglio che l’eletto risponda del suo operato all’elettore anziché a chi gli finanzia la campagna elettorale.Per lo stesso principio, andrebbe favorita la democrazia diretta, istituire cioè leggi di grado superiore, se espressione diretta della volontà popolare, per esempio le leggi di grado costituzionale.Attraverso queste metodologie democratiche, il principio di responsabilità inizierebbe a trasformare la democrazia virtuale e formale, in democrazia reale, vincolando il rappresentante eletto dal popolo al mandato.Il principio di responsabilità è sicuramente espressione del principio di aziendalizzazione, guardiamo per esempio il Servizio Sanitario Nazionale e vediamo che constatata la pochezza delle risorse per la gestione della sanità pubblica è stato introdotto lo strumento economico definito “azienda” che ottimizza le risorse al fine di migliorare il perseguimento del fine istituzionale che resta la soddisfazione dei bisogni di salute dei cittadini.In altre parole, nel sistema pubblico, in questo caso, è stato inserito il principio di responsabilità sulle risorse economiche e finanziarie disponibili al fine di ottimizzare tali risorse, per ottenere nonostante una eventuale scarsità di mezzi, un miglior livello di soddisfazione dei bisogni comuni. Il principio di aziendalizzazione deve estendersi a tutti gli istituti pubblici, da quelli territoriali quali Comuni, Provincie, Regioni, INPS, sistema carcerario ecc., affinché un uso più responsabile delle risorse possa consentire a qualsiasi istituto pubblico un miglior perseguimento del fine istituzionale stesso. Responsabilizzare cioè direttori, presidenti, amministratori e così via, accorpare istituti pubblici di piccola dimensione in altri più grandi e meno costosi, eliminare infine quelli inutili. Facciamo l’esempio dell’istituto carcerario, al quale venisse per ipotesi applicato il principio dell’aziendalizzazione: oggi il sistema carcerario scoppia, in tutti i sensi, le carceri sono insufficienti, il sistema è in pesante deficit economico, il fine istituzionale, cioè la “rieducazione del condannato” non è assolutamente perseguibile. Pensiamo per un attimo di introdurre il nostro “principio” aziendalizzando ogni stabilimento di pena, comprese le carceri minorili. La riforma del sistema potrà disporre di una risorsa inutilizzata, la manodopera dei reclusi, da valorizzare con formazioni professionali per perseguire il fine istituzionale della rieducazione, o meglio la rivalorizzazione della persona condannata. Obbligo, insomma, del lavoro a fronte magari di pene detentive di durata più breve. Pensiamo quali enormi vantaggi, anche economici, se in particolare il Direttore del carcere intrattenesse poi anche rapporti di scambio e mercato con il mondo esterno. Esempi analoghi potrebbero essere fatti per tutti gli altri istituti pubblici, dai comuni al sistema previdenziale a quello sindacale e così avanti fino ai governi mondiali.Basta osservare l’epocale esodo di popolazioni dai paesi più poveri ai paesi ricchi; dimostra solo il fallimento delle iniziative internazionali tese a migliorare la condizione di vita e di lavoro dei paesi più miserabili, fallimento che è sotto gli occhi di tutti; scarsissima integrazione, delinquenza, disagio sia degli immigrati che dei residenti, contrasti sociali anche aspri, Il principio di responsabilità potrebbe cambiare in toto il modello della cooperazione internazionale, limitando e regolando i flussi migratori, migliorando la qualità degli scambi di persone e merci tra paesi poveri e paesi ricchi, valorizzando le Persone e le loro capacità di creazione e di ricchezza. Il tutto attraverso un patto sociale e globale sotto l’egida dell’O.N.U., affinché si lavori veramente ad una pianificazione mondiale delle responsabilità che certi paesi ricchi potranno assumersi nei confronti di determinati paesi poveri. Insomma pianificare le soluzioni dei problemi, pianificare gli interventi mirati alla creazione di attività economiche volte alla creazione di posti di lavoro, pianificare gli interenti necessari alle formazioni professionali e manageriali del paese povero.Più sottoscrizione di impegno in sede internazionale del paese ricco il quale si assume la responsabilità di ottenere precisi e misurabili risultati in tempi previsti; sottoscrizione che se non rispettata preveda sanzioni da devolvere ad un fondo mondiale destinato ad intervenire in caso di gravi catastrofi naturali e ambientali nei paesi poveri. Mi sembra ovvio che la Rivoluzione Democratica, qui accennata per sommi capi è da realizzarsi attraverso nuove idee e non certo con metodiche violente , e mi sembra pure ovvio che non possa avere alcuna speranza di realizzazione se affidata alle attuali forze politiche, Gli attuali partiti politici (particolarmente in Italia) infatti hanno l’unica capacitò di cambiare nome e simbolo con una cadenza ormai schizofrenica, capacità che dimostra semmai la irreversibile e conclamata crisi di valori e di identità.Non esiste, o meglio non hanno, i partiti alcuna motivazione a cambiare una situazione che li vede occupare (come maggioranza o opposizione) ogni posto di gestione del potere, per conto di grandi centri di potere economico e finanziario nazionali ed internazionali, secondo un disegno di spartizione che soffoca sempre di più la società civile, sia attraverso un sistema di imposizione fiscale sempre più vessatorio, che attraverso la assoluta impossibilità di libera manifestazione delle idee, soffocamento che si concretizza anche attraverso l’assoluto controllo dei “media”, non escluso il più periferico livello di stampa locale.Questo sistema partitico, questo scellerato patto sociale fra i controllori del consenso ed i padroni dell’economia e della finanza, finisce per rendere sempre più sudditi i “presunti” cittadini, titolari di diritti sempre più formali e sempre meno sostanziali. Di fronte a questa situazione è assolutamente necessaria la nascita di un MOVIMENTO POLITICO SOCIALISTA di LIBERAZIONE, attraverso una autonoma presa di coscienza, da parte di quella popolazione, di volta in volta identificata, attraverso definizioni che ne amplificano la “passività” ed il basso livello di consapevolezza: i “consumatori”, gli “ascoltatori”, gli “elettori”. Persone che è bene comincino a riporre la loro fiducia solo in se stesse e non verso un mondo politico che li ha da tempo venduti come schiavi. Il mondo ingannevole che vuole renderci sempre più sottomessi, tende a concentrare la nostra attenzione su scelte tra schieramenti contrapposti, per non farci vedere la verità. Il grande illusionista, la grande illusione nel teatro della politica, i siciliani dicono opportunamente “fanno tiatro”.Ed ecco l’inganno di scegliere tra il Centro Sinistra ed il Centro Destra, come se fossero due entità diverse, addirittura opposte; mentre sono due espressioni dello stesso sistema di controllo e di oppressione.Mi pare evidente, allora, che il nostro “movimento socialista di liberazione” appena detto dovrà essere promosso da persone di grado estremamente onesto, in condizione di seguire la Natura, di chiedersi il perché di eventi e situazioni semplici, di osservare la realtà in maniera spregiudicata, rinunciando agli inganni dell’informazione ufficiale, mettendosi a disposizione dell’”Altro” con vero spirito di servizio, per lavorare autenticamente al Bene ed al Progresso comune.Un “movimento” politico dunque che nasca su di una forte impostazione spiritualista, universalista, pacifista, ed aconfessionale, in grado di risvegliare i sentimenti più veri e profondi della politica umana. Una rivoluzione democratica che abbia alla base l’amore. Una Rivoluzione senza violenza, dunque, ma che con la forza delle idee e dell’amore universale possa travolgere l’attuale sistema di controllo dei partiti politici. Una Rivoluzione de l’Uomo Nuovo nella Nuova Era appena iniziata.

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia il tuo commento