28 agosto 2011

I Partiti? Hanno un grande futuro alle spalle










Dario Ginefra, giovane deputato del PD, scrive una lettera aperta al suo partito visibile al link:
http://www.go-bari.it/notizie/politica/3738-caro-pd-ti-scrivo.html

Gianvito Mastreoleo, risponde e rilancia l'appello di Dario Ginefra sul futuro dei Partiti come istanza di democrazia e partecipazione

Caro Dario,
sono un “nostalgico” pronto a raccogliere il tuo appello, pur non avendo nulla a che fare con la tua storia politica, perchè tuttora non rinnego quella sinistra a torto demonizzata che nella storia dell’Italia recente ha il merito d’aver assicurato a questo paese le riforme che lo hanno “civilizzato” (per usare un termine caro al compagno Reichlin).
Come vedi uso ancora “compagno”, e per pudore non declino gli anni della mia militanza socialista: avendo alcuni decenni più di te il conto sarebbe presto fatto, ma evitiamo!
Intanto, caro Dario, smettiamola di parlare di “nostalgici”: io sto con il Presidente Napolitano che nel suo discorso a Rimini, vibrante come non mai di passione politica, ha affermato la necessità di “guardare al passato per pensare al futuro”; cosa che se tutti avessimo fatto in questi due decenni passati (anche a costo di qualche fastidiosa ma necessaria ammissione di colpa) la storia recente del nostro paese, e il suo futuro immediato, sarebbero entrambi diversi.
Il peso della nostalgia per la vita del Partito nel quale anch’io sono cresciuto me lo sono tolto raccontandola nei dettagli nel mio “Garofano Rosso” (2003), e dunque ne condivido il rimpianto struggente: compreso quello per la stessa sezione del tuo PCI, dove fra tante bandiere rosse, pugni in alto e occhi lucidi partecipai al funerale laico di quell’indimenticabile compagno comunista che fu Ciccio Muciaccia, “morto povero” come mi confidò un giorno la sua splendida Signora Idea.
Per questo ti posso assicurare che non solo nel “P.C.I. di Enrico Berlinguer”, ma anche nel PSI dei Nenni, Mancini, De Martino e finanche Craxi, “ogni iscritto era protagonista di quella storia”.
A quel passato, che in molti tendono a liquidare (quando non a rinnegare!) io non rinuncerò mai, soprattutto per indicarlo come l’unica via per restituire oggi alla Politica la sua necessaria Autorità (non l’autoritarismo, sempre più diffuso a destra ma anche a sinistra!): in un’epoca in cui i nostri “capi” prendono le decisioni “consultandomi con me stesso”, come si lesse un paio di anni fa quando si trattò di sostituire un assessore regionale, con un metodo del tutto sbagliato, come i fatti s’incaricano tuttora di segnalare.
Di esempi si potrebbe riempire un vocabolario, ma ne basterebbero gli ultimi.
La Regione si accinge a modificare lo Statuto, uno degli atti più importanti della sua vita istituzionale: leggo ieri che il Presidente del Consiglio Regionale – a ragione, dal suo punto di vista - non darà tregua e che nella prima settimana di settembre si avranno le decisioni.
Ciò accade senza che un solo dirigente di Partito, che io sappia, sia stato ascoltato; eppure si parlerà anche di status economico e “quiescenza” (!), e tutto lascia presupporre che sarà determinante anche il pensiero di quei consiglieri che tuttora non hanno rinunciato ad esigere alcuni arretrati!
Un esempio non trascurabile di “passato in funzione del futuro”: Beniamino Finocchiaro, il primo presidente del Consiglio Regionale, fra settembre e dicembre del 1970 prima dell’approvazione del primo Statuto girò in lungo e largo la Puglia per illustrarlo ai Partiti, non disdegnando di recarsi nelle sezioni del suo Partito, il PSI, per parlare con i compagni, anche se solo per acculturarli!
Oggi, invece, tutti sanno tutto e di tutto, salvo poi gli interventi ripetuti della Magistratura delle Leggi, delle Autorità o della Corte dei Conti per far capire che nessuna Assemblea regionale può calpestare regole fondamentali dello stato liberale e di diritto.
Il Comune di Bari pare sempre piò ostaggio di un pragmatismo produttivista, che spesso smarrisce il senso e la distinzione tra diritti, bisogni e interessi; decisioni non irrilevanti per la Città si adottano all’insaputa della sua rappresentanza elettiva, appunto, “consultandosi solo con se stesso”.
E’ colpa degli uomini delle istituzioni, o forse e comunque non solo loro?
La colpa è del sistema che tutti assieme abbiamo tollerato che alla democrazia politica fondata sui Partiti – secondo la previsione della Costituzione - si sostituisse la politica insopportabilmente personalizzata, che anche a sinistra ha fatto comodo ribaltare.
Il leaderismo, il plebiscitarismo, il populismo hanno sostituito il “terreno di confronto e scontro in nome di un’idea collettiva” che tu giustamente richiami, mettendo al primo posto del pur evocato interesse comune e generale la carriera del singolo, spesso del proprio erede!
Ma dovresti anche riconoscere, caro Dario, che da questa responsabilità non è estraneo il Partito al quale rivolgi quell’appello, assieme a critiche molto coraggiose, e cioè il tuo.
Per la fretta di andare a costituire un nuovo soggetto politico, che oggi si tiene in piedi solo perché non si sa chi debba prendere l’iniziativa del “rompete le riga”, si consentì che prevalesse il nuovismo senza cultura del Partito liquido (in effetti solo liquidato!), e si pretese di cancellare le “obsolete culture dell’ottocento” per sostituirle non con il NUOVO, con il NULLA.
Come ancora ieri testimonia Walter Veltroni con la lettera a Repubblica invocando il “Riformismo”, senza andare oltre.
Certo, il riformismo non è moderatismo: lo scrisse Beppe Vacca nel suo “Riformismo Italiano” di qualche anno fa, teorizzando anche il riformismo comunista, cattolico e liberale; ma Veltroni cita la fonte a metà, giacchè preferisce saltare che (testuale) “riformismo s’identifica con socialismo”.
Un Riformismo (che è metodo di governo) non sostenuto da una Cultura politica finisce per dar ragione a quei leader personali cui oggi (anche a sinistra!) fa comodo ammettere che ormai non ci sono più distinzioni fra destra e sinistra, e dunque “nella notte tutti i gatti sino bigi”!! E invece non è così.
Ecco, dunque, l’irrinunciabile funzione del Partito che deve servire per “condividere decisioni” e responsabilità, ma anche per “formare” la futura classe dirigente. (In proposito mi permetterei segnalare il lavoro di Massimo Salvadori, “Democrazie senza democrazia”)
Per finire, tu non lo dici esplicitamente, caro Dario, ma io mi ci avventuro: Emiliano e Vendola ormai sono in uscita (o non vedono l’ora…?) dalle loro stanze, come si vede a mille miglia di distanza!
Come saranno decisi i loro successori, con un editto del principe ovvero con un’approfondita selezione e discussione prima che nella “gente” all’interno dei Partiti chiamati a formare le coalizioni, cui compete la prima irrinunciabile responsabilità di individuare – senza imposizioni - la rosa di candidati, che tenga conto dei desideri del principe?
E non è tempo che i Partiti si attivino per evitare il facile alibi del ritardo inadempiente?
Personalmente, del tutto estraneo alla vita dei Partiti, finanche da quello nel quale per coerente inerzia tuttora mi riconosco, e libero da ogni sospetto d’interesse per quel poco che mi è consentito dal personale diritto di tribuna, sosterrò il tuo appello, e anche di più se me lo consenti!
Un abbraccio, con tutto l’affetto che tu sai io nutro per te!

PS: Come vedi, ho tale rispetto per l’istituzione che al Partito non a caso riservo sempre la maiuscola.