5 novembre 2007

Partito liquido o partito di tessere e di militanti? - di Gianvito Mastroleo

E’ giunto il momento per i socialisti della Costituente di aprire la riflessione sul tema del Partito e della sua “forma”.

Il tema sarà centrale nelle riflessioni che precederanno il primo Congresso del nuovo Partito Socialista giacché si tratterà di decidere se saranno applicabili le categorie del Partito tradizionale all’italiana o se al contrario sarà preferita una forma più moderna, più “liquida” come è di moda dire, quella cioè di un partito senza tessere e senza militanti.

E si tratterà anche di comprendere se questa seconda forma di partito è quella che serve ad una sinistra moderna ed alla Politica nel suo complesso.

Infine, non si potrà omettere di approfondire quale forma di partito è più utile nel Mezzogiorno.

In queste settimane le interpretazioni sulla crisi dei partiti si moltiplicano: a me pare convincente quello che ha sostenuto Andrea Romano il quale ha constatato che il vero guaio dell’Italia non sono stati i tradizionali partiti novecenteschi per se stessi, ma il loro stato di perenne cattiva salute e di «brutale agonia» negli ultimi venti anni.

Insomma, come ha scritto Enzo Betiza sembrerebbe soccombere il reggimento della guardia della prima e seconda repubblica, anche se Veltroni, il quale peraltro proviene dalla formazione più autenticamente leninista d’Italia, si è fatto nominare «segretario», invece che «speaker» come gli suggeriva Prodi.

Veltroni infatti all’assemblea di insediamento dell’Assemblea del PD di Milano, ha parlato di partito “liquido”, di libera comunità di cittadini elettori, presto garbatamente ma decisamente corretto (o smentito) da D’alema che preferisce la forma partito più tradizionale, nel quale il militante sappia “dove andare”.

Anche se il neo segretario del P.D. , per esorcizzare l’immagine di un Paese avvezzo a partiti che c’erano troppo e incombevano troppo da un lato, paradossalmente si accinge a farsi circondare da un gruppo dirigente ristretto, sostanzialmente dinastico e dall’altro professa l’idea di un “partito che essendoci non c’è”.

L’argomento non indulge a nessuna nostalgia per il passato quando non solo grandi Partiti di massa come Pci e Dc e Psi, ma perfino quelli più esili come il socialdemocratico, il repubblicano e perfino liberale, si ispiravano per la cosiddetta «forma partito» al modello leninista, attenuandolo qua e là nel lessico e nel quale la gerarchia organizzativa della Dc ricalcava quella del Pcus e del Pci.

Oggi, quando le possibilità comunicative tra partito e militanti sono del tutto diverse e quando le opportunità di raggiungimento dei messaggi sono molto più immediate, il tema si ripropone anche se in termini diversi.

Mi chiedo se tra la forma partito tradizionale, rigida e gerarchicamente organizzata e quella “comunità di cittadini elettori” ve ne possa essere un’altra che consenta, ad esempio, di restituire al partito la sua funzione pedagogica, di formazione (oltre che di informazione) verso i suoi aderenti.

E se la “tessera” abbia davvero perduto la sua funzione, per cedere il passo alla mera funzione partecipativa (non sempre disinteressata, in qualche caso non trasparente) di una elezione?

Pur avendo qualche dubbio in proposito non voglio sottrarre nulla al dibattito ed alla libera discussione fra i compagni.

Apriamo, perciò, una discussione dalla Puglia, fra noi ed anche tra noi ed il gruppo dirigente della Costituente.

Svolgiamo, anche su questo, una discussione collettiva.

Com’è stato pubblicato il gruppo dirigente regionale della Costituente socialista si ripropone d’organizzare la Costituente Day con un tema diverso per ciascuna delle sei federazioni provinciali.

Quando ci riuniremo, e speriamo che avvenga presto, proporrò che una di queste riunioni sia dedicata solo alla riflessione sulla FORMA PARTITO, con un riferimento particolare alle esigenze del Mezzogiorno.

Nel frattempo credo sia utile cominciare a capire quello che pensano le compagne ed i compagni; e di ogni età!

1 commento:

  1. Con la sua solita e riconosciuta tempestività Giovanni Mastroleo si chiede se per il nuovo Partito Socialista la forma partito debba essere quella tradizionale oppure se debba essere preferita una forma più moderna e cioè di un partito senza tessere e senza iscritti.
    Certamente la domanda è di evidente attualità, anche alla luce del dibattito in corso nel Partito Democratico, e interesserà anche noi socialisti in vista del congresso costituente.
    Non mi pare sia il caso di soffermarci sulla importanza e sul ruolo dei partiti politici in uno stato democratico, così come sullo stato di crisi, e connesse motivazioni che gli stessi hanno vissuto negli ultimi venti anni e continuano a vivere tutt’ora.
    Il problema che oggi dobbiamo affrontare è se far superare lo stato di crisi e rivitalizzare l’attività dei partiti, secondo lo spirito della Costituzione, oppure se dobbiamo ritenerli del tutto superati e quindi non più necessari per la vita democratica e per la stessa democrazia.
    Parlare di “partito – sociètà” o, meglio in termini più aggiornati ma con una brutta espressione, di “partito – liquido” vuol dire non riconoscere più alla struttura partito la funzione e il ruolo che lo stesso deve svolgere nella formazione del consenso, nella interpretazione delle volontà e dei bisogni e per la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.
    Personalmente vedo il cosiddetto “partito-liquido” come “un partito non partito” o come un partito politico senza valori, cultura, tradizioni o idee fondanti (non parliamo di ideologie che non sono più di moda) con programmi e obiettivi politici che possono mutare secondo le convenienze o gli interessi elettoralistici del momento o di questo o quel personaggio politico.
    Questo forse va bene per il Partito Democratico che vede raggruppati forze e culture diverse, con interessi anche contrastanti; come farebbe infatti Veltroni a tenere unito quel “magma democratico” ( cito la bella rappresentazione del PD di Emanuele Macaluso) costituito da “DS e popolari, laici e clericali, nordisti e sudisti, giustizialisti e garantisti, statalisti e liberisti, socialisti e antisocialisti” ed altri ancora non elencati?
    Certamente questo non è il caso dei socialisti che hanno dei valori, delle tradizioni e delle idee ben precise da difendere e da diffondere e che sono quelle del socialismo riformista.
    Pur tuttavia dobbiamo riconoscere che oggi non possiamo più pensare di ricostruire il partito socialista a immagine e somiglianza del vecchio PSI; con forza, invece, dobbiamo affermare che non vogliamo più il partito del leader, delle correnti, della burocrazia, degli onorevoli, degli assessori, dei parenti, degli amici, di pseudo-socialisti alla ricerca, soltanto, di cariche o di incarichi.
    Il nuovo partito, che personalmente vedo con militanti, tesserati o anche non tesserati, ma di ferma e convinta fede socialista, con precise e trasparenti regole di democrazia interna, dovrà comunque operare in modo tale da recepire tutte le istanze della società civile e dovrà essere aperto a tutti gli apporti che dall’esterno, in qualunque forma, potranno essere espressi e incidere nelle decisioni da assumere nell’interesse della collettività.
    Mi auguro che sull’argomento, come auspicato anche da Gianvito Mastroleo, si apra un approfondito ed ampio dibattito con la partecipazione specialmente di giovani compagni e di nuovi aderenti alla Costituente, perché proprio da questi potranno venire suggerimenti innovativi su aspetti fondamentali da non trascurare e che, forse, a noi vecchi militanti possono sfuggire non dando il giusto rilievo.

    Mario Parisi

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