30 marzo 2008

AVREI UN SOGNO:UNIRE LA CITTA' - Gianvito Mastroleo

L’idea-forza del mio impegno in questa campagna elettorale – ma soprattutto per il dopo elezioni – di UNIRE LA CITTA ha interessato molti; e molti hanno chiesto un chiarimento soprattutto sulle divisioni che attraversano la città, politicamente e culturalmente.
Lo faccio volentieri per i frequentatori del sito internet, di solito poco propensi a bazzicare comizi, assemblee, occasioni di confronto pubblico fra i candidati: poche, purtroppo, non solo per l’avarizia del tempo, ma, credo, anche per la scarsa propensione dei più a farlo.
In verità il SOGNO che vorrei coltivare in questo quinquennio, certamente l’ultimo dell’esperienza di vita politica che spero di dedicare alla mia città, è non solo di unirla ma anche di rigenerarla nella dignità della politica.

Nel coltivare questo sogno mi sorregge il pensiero di un leader della beat generation:
“Se esprimi un desiderio quando cade una stella; se guardi mentre cade una stella è perché guardi il cielo; se guardi il cielo è perché credi in qualche cosa”
Credo, infatti, che non ci si possa dedicare alla attività politica, cioè alla cura del bene comune, senza
SOGNARE DI POTER CAMBIARE.
Il contrario serve solo, e non sempre, ad assicurare a se stesso le condizioni per una carriera politica propria.
Questo non è il mio caso: non mi sono impegnato in questa campagna elettorale per proseguire una carriera politica, semmai solo per dare alla città il mio ultimo contributo, anche per riconoscenza della stima e affetto che la città mi assicura da sempre.
Appartengo alla generazione che si è accostata alla politica coltivando l’utopia socialista dell’uguaglianza che negli anni sessanta si manifestava con la lotta dei popoli di colore, perchè … gli uomini non si distinguono per il colore della loro pelle, ma perché un giorno ogni valle sia colmata, ogni monte o ogni colle siano abbassati, i luoghi tortuosi vengano resi piani, i luoghi curvi siano raddrizzati.
Il sogno che un uomo nero, Martin Luther King, racchiuse nel celebre discorso dell’estate del 1963, ma che non gli sarà perdonato giacchè solo un mese dopo sarà brutalmente assassinato.
La città è divisa culturalmente e socialmente, le generazioni non si saldano fra loro, c’è anzi chi (spero) involontariamente incide nella frattura generazionale; la città è divisa politicamente, addirittura fisicamente dalla ferrovia che genera grandi ingiustizie.
Il SOGNO in cui è possibile credere ancora oggi, guardando il cielo è unire la città: per questo sogno la sede Comunale può essere determinante.
Innanzitutto se il Sindaco per primo riesce a coltivare questo sogno; e poi se riesce a trasmetterlo a coloro cui tocca far funzionale gli strumenti di cui ciascuno dispone, a partire dal Consiglio Comunale,
Penso all’attività del Sindaco come colui che dopo le asperità contingenti della competizione elettorale sia impegnato non solo ad interpretare le aspirazioni di tutti ma soprattutto a superare le diversità, consentendo a tutti di poterle manifestare, ma esercitando il suo potere-dovere per fare la sintesi.
Penso al Consiglio comunale come palestra del confronto fra diversi, per superare le diversità e trovare le soluzioni più che la sede dove si vilipende la serietà della politica.
Insomma, a realizzare l’UNITA’ NELLA DIVERSITA’, per richiamare il non dimenticato aforisma di ALDO MORO.

Aspiro a ritrovarmi in un Consiglio Comunale che:
- su questioni strategiche per la Città si esprima all’unanimità
- si distingua tra maggioranza e minoranza solo sugli atti della amministrazione quotidiana
- registri sempre la coerenza politica e il disinteresse personale dei componenti.

Per questo obiettivo il ruolo del Sindaco è fondamentale, a condizione che lui per primo ci creda.

Negli ultimi anni la Città ha vissuto nella concezione berlusconiana della politica amico- nemico, del …..o sei con me o sei contro di me, e dunque …. se non sei con me non sei legittimato, che ha contagiato anche chi non si dichiara tale.
Ma aspiro anche a discutere pubblicamente e serenamente di queste idee, come non si riesce a fare perché anche le sedi della cultura sono influenzate negativamente dalla visione che chi la pensa diversamente vada delegittimato.
Né più e né meno di quello che fece Berlusconi all’indomani delle elezioni del 2006.
C’entra tutto questo con il governo della Città e con la buona amministrazione? Certo che sì.
Ogni buona amministrazione ha bisogno di quante più energie possibili per progettare in grande e per essere efficiente: le idee chiare del Sindaco che deve guidarla debbono essere sorrette dal massimo consenso e non dal disordine massimo creato dal dissenso.


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