22 aprile 2008

La questione socialista - di Gianvito Mastroleo

Non è facile riprendere a tormentare la tastiera del PC su una questione sulla quale tuttavia non si può evitare di parlare: la questione socialista, non meno importante di quella della sinistra arcobaleno, ma della quale non si parla perché fa più vergogna.

Andrea Costa, primo socialista, entra in Parlamento nel 1892; la sinistra siddetta radicale ci arriva solo negli anni novanta.

Ai socialisti viene rimproverato di non aver accettato ciò che era andato bene a Di Pietro.

Oggi si scopre che questi non scioglie il partito né fa gruppo unico, come si era saputo: di fronte ad un voltafaccia francamente si fa fatica a pensare come Veltroni potrà giustificare il suo NO a quei socialisti, oggi responsabilili solo della loro lealtà.

Poco conta se fu patto già scritto con Di Pietro, e dunque pura spregiudicatezza politica, o imperdonabile improvvisazione: in entrambi i casi Veltroni deve dar conto alla Storia.

Per non parlare della Puglia e dei non pochi casi di mancato o rinnegato accordo tra PD e PS.

I socialisti si trovano oggi con le dimissioni del segretario Boselli e con la convocazione di un Congresso nazionale per i primi di giugno.

La questione, forse, è un po’ più complessa.

Intanto sarebbe giusto che imitasse il gesto di Boselli il gruppo dirigente anche locale, come segnale essenziale che nessuno possa pensare di celebrare un altro Congresso all’insegna della mera auto-conservazione.

E’ vero, ormai tutta la politica ha smesso di fare esami e chiedere conto delle ripetute sconfitte e tutti restano al loro posto: ma per i socialisti le sconfitte sono state lente, inesorabili e progressive dissipando, per richiamare un bel titolo di Lorena Saracino, addirittura il patrimonio residuo alle elezioni del dopo tangentopoli.

Al punto che del mito della Puglia socialista resta il ricordo, se è vero che il 14 aprile la Provincia di Bari non va oltre l’1,2 per cento, Bari città, quella del 31 per cento del 1981, è sotto l’1 per cento, mentre va solo un po’ meglio per le altre Province.

Per non dire del pericolo ventilato, neppure velatamente, da Alberto Tedesco, che quella piccola dote di voti socialisti che si porta appresso potrebbe prendere altre strade.

Più che dimissioni o congresso e cioè passaggi organizzativi, dunque, il tema investe un livello di discussione più alto: la permanenza, i confini, l’interesse della questione socialista nel corpo sociale, che si sposta con le politiche più che con le figurine.

La questione socialista infatti c’è ancora, e nel PD è appena aperta: a Torino venerdì sera si è svolto un Convegno, con vecchi socialisti ed esponenti dalemiani di peso, sul tema “Questione socialista e PD”, con l’intento dichiarato di costituire la corrente socialista.

Quello che senza fortuna, o per lo meno senza seguito, alcuni si erano ripromessi di fare a Bari.

Chi se ne sta occupando, e con un orizzonte nazionale, analizzando il voto riflette che parte dei cattolici del PD avrebbe votato Casini o adirittura il PDL, parte della sinistra socialista e radicale il PD e quindi prima o poi dovrebbero cadere le pregiudiziali che hanno impedito a quel partito d’assumere i connotati del Partito del Socialismo europeo: anche se resterebbe in piedi tutt’intera la questione, non a torto cara a Formica, della revisione mancata.

L’ipotesi potrebbe essere valutata, non escludendone altre: innanzitutto quella di mettere assieme la cultura socialista di governo, alla quale potrebbero finalmente approdare esponenti e militanti in genere di sinistra, non all’interno di un recinto solo identitario e organizzativo ma attorno ad un programma e a idee che, tuttavia, non possono più essere solo quelle legate alla laicità ed alla scuola pubblica, che da soli non bastano più.

In Puglia, mentre non affiora o non è chiaramente percepito dai cittadini il governo delle riforme, con una percentuale di voti neppure insignificante s’affaccia il Movimento siculo padano per le Autonomie, i cui temi semplici, ma assai simiglianti a quelli leghisti, attraggono lo scontento, che è tanto.

I socialisti, dunque, e la sinistra fuori dal parlamento, potrebbero ritrovarsi innanzitutto attorno ad alcune idee: per esempio la precarietà, facendo diventare proposta comune la flex-security, con una battaglia riformista che entri nel corpo vivo della società.

Il cammino, del resto, che aveva intrapreso la Costituente di luglio, incautamente abbandonato, per istinto di quell’autoconservazione sempre in agguato.

Gianvito Mastroleo

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