17 agosto 2009

Il silenzio non è una buona risposta .


di Gianvito Mastroleo




Metti che alla solita ora di una giornata gradevole anche per un leggero soffio di maestrale ti rechi dal giornalaio, che è un amico e che a quell’ora ha già scorso le prime pagine, e che il buon Mincuccio, conoscendoti, ti dia del «bieco illuminista»: naturalmente lo svillaneggi; poi leggi la tua razione giornaliera di stampa e scopri che sei stato associato, nientemeno! ai giudici del TAR di Roma che hanno deciso di escludere dagli scrutini gli insegnanti di religione.
Sicuramente, ti metti di malumore; continui a scorrere i pastoni politici e il tuo pensiero, che dell’illuminismo hai ben altra idea, corre veloce a Gianfranco Dioguardi, un intellettuale pugliese, che a quel secolo ha dedicato energie e risorse proprie.
Ma, avendo solo da qualche ora terminata la lettura di Alla scoperta dell’editore ideale di Pietro Lacaita, scomparso solo un paio di mesi fa, un regalo gradito di Maria Grazia e Maurizio suoi non meno illuminati figlioli, il malumore diventa vera incazzatura (si può scrivere?), pensando a quello che la Puglia ha dato al tema della laicità e di cui oggi sembra essersi dimenticata.
Scopri, infatti, che la Puglia laica non è stata solo quella più celebrata di Croce e degli intellettuali vicini a Casa Laterza, ma anche quella dell’Editore Lacaita, «l’editore manduriano, gobettiano dissidente» (Spadolini), e del gruppo liberal-radical-socialista di Manduria animato da Pietro Lacaita, con Gabriele Pepe una delle espressioni più alte, che animando battaglie laiche, scevre da ogni atteggiamento ostile alla religione, combatteva l’intolleranza del clericalismo pervasivo; da cui nacque Protesta Laica di Gabriele Pepe (Lacaita, 1949), autore anche di una lettera aperta all’«eccellenza» Scelba, che andrebbe ripubblicata e riletta ancora oggi.
E scopri anche che da Manduria erano passati i più illustri intellettuali italiani fra i quali Villari e Luigi Russo, Lelio Basso che parlò di Salvemini e Norberto Bobbio che rievocò Piero Gobetti e la crisi dello stato liberale; e poi Jacometti e Pietro Nenni.
Il Primo convegno pugliese per la laicità dello Stato si tenne con successo a Taranto nel settembre 1948, in prima fila Gaetano Arfè e molti intellettuali pugliesi, oltre a rappresentanti della Chiesa Valdese; nacque la Rivista Quaderni di Protesta laica, diretta da Gabriele Pepe, pubblicata fino al 1950.
La Lacaita su questi temi pubblica un saggio dopo l’altro, raccoglie un Catalogo nazionalmente fra i più impegnati.
Pensando a quella lettura, mentre viepiù proseguiva quella dei giornali, il malumore diventa sgomento, non tanto per l’assenza della voce degli intellettuali: certo anche loro, quando la battaglia si fa aspra, devono dismettere la prudenza, in qualche caso le ragioni dell’opportunità.
Soprattutto la politica: scontata l’adesione del PDL (finanche di Fabrizio Cicchitto!), la voce del PD che conta, salvo una frasetta di un certo Viti, è affidata a Paola Binetti che, più baldanzosa che mai, promette che «noi cattolici daremo battaglia». La voce dei socialisti, che espulsi dal Parlamento per il noto edito veltru-sconiano si arrangiano come possono con il buon Nencini, è affidata al loro sito web.
Si cerca, invece, qualcosa in più del PD e, purtroppo invano, la voce di qualche pugliese; ma anche di Zazzera, loquacissimo quando si tratta di sanità.
Se non Massimo Dalema, in giro con la sua vela (invidia massima!), almeno il fedelissimo Nicola Latorre, ovvero Alberto Maritati, ovvero Dario GInefra, ovvero Cinzia Capano avessero pronunciato una sola parola di dissenso.
Nulla.
Perché in vacanza (ma anche la Binetti presumibilmente lo era!) ovvero, com’è più probabile, per il benedetto Congresso di ottobre?
Forse è questo: ma non s’è assodato, dopo quello che ha scritto sul Corriere Sergio Romano, che «il Congresso del PD non interessa solo il PD»?
E se è così, qual è il segnale che almeno da una parte del PD dovrebbe arrivare a coloro che non danno nulla per scontato, e che guardano a questa fase politica di ristrutturazione dell’intera sinistra come a un «nuovo inizio»?
Intanto, che passi pure Ferragosto: ma il silenzio non è un buon segnale.