7 ottobre 2009

GINO GIUGNI.TRAGHETTO’ I LAVORATORI DAL CORPORATIVISMO AL PROTAGONISMO DEI DIRITTI.


di Gianvito Mastroleo


E’ morto Gino Giugni, aveva 82 anni la gran parte spesi per il mondo del lavoro, come solo un Socialista sa fare.
I socialisti, perciò, hanno non solo il dovere di non dimenticarLo, ma di ripartire dal Suo insegnamento, prima scientifico e poi politico, per ricostituire a partire da lì la loro identità per il mondo che cambia.
«Sono uno studioso prestato alla politica», amava ripetere, non a torto.
Quando tra la fine degli anni ’60 e il 1970 nacque lo Statuto dei Lavoratori, infatti, del quale a buon diritto è considerato il padre – una delle fondamentali riforme dei governi di centro sinistra con la partecipazione determinante del PSI - Gino Giugni era un professore di diritto, anche se fra i primi scienziati del diritto del lavoro, che collaborava con il Ministro socialista del Lavoro Giacomo Brodolini assieme determinando fase del processo di modernizzazione del sistema del lavoro italiano: da quello corporativo ereditato dal fascismo a quello democratico, che per la prima volta assicurò difese, diritti e protagonismo al lavoratore,sul posto di lavoro e nel sindacato.
Per questo, quello scienziato «prestato alla politica» riuscì ad essere grande anche quando imboccò la via della politica, da Parlamentare e da uomo di Governo, a sua volta dopo qualche anno ereditando quella che fu la missione di Brodolini.
Gino Giugni, come è stato scritto, non cercò mai il potere per il potere ma lo ha sempre esercitato al fine unico di «realizzare il modello di democrazia e di giustizia che lui stesso aveva affinato in una vita di studio e di dialogo aperto con le correnti più vive e feconde».
Uomo cerniera fra Sindacati e Istituzioni fu per questo, nel 1984, colpito dalle brigate (sedicenti) rosse che tentarono di ucciderlo: come Tobagi, Rossa, Tarantelli prima di lui, e Marco Biagi dopo di Lui.
Tutti socialisti, come Lui.
Bari ha il dovere di ricordare Gino Giugni, non solo per la sua missione di politico militante ma anche come Docente fra i più illustri nella nostra Università: dove ha lasciato un segno indelebile, ha fondato e diretto prima l’Istituto di Diritto del Lavoro e poi la Scuola di specializzazione, entrambi fra le più feconde d’Italia, tributarie verso molte Università Italiane di una schiera di Docenti fra i più insigni nel loro campo.
I Socialisti di Bari hanno il dovere di ricordarlo perché, già negli anni ’70, non tenne mai un atteggiamento distaccato dalle loro vicende: fu anzi vicino in alcune battaglie culturali più significative.
Quei socialisti lo hanno riabbracciato nel dicembre 2005 quando il Comune, con il Sindaco Emiliano, volle conferirgli la Cittadinanza Onoraria e quando Lui, pur colpito ormai inesorabilmente dalla malattia, non volle tradire le aspettative della Città e della Sua Scuola: ma anche dei socialisti che riuscirono ad «infiltrarsi» nella cerimonia, nonostante la grave omissione: Il documento ufficiale con il quale il Consiglio Comunale di Bari lo annoverava fra i suoi Figli più illustri, dettato da una mente radical-schic ma intrisa di vetero-settarismo antisocialista, e scritto da mani smemorate, aveva omesso di ricordare che era stato Socialista.
Giugni, infatti, fu ed è rimasto socialista: alla ricerca di una «via nuova» per il Socialismo italiano, illudendosi o sperando, aderì al richiamo della dalemiana «cosa due»: ritraendosene ben presto, tornò nella casa dei socialisti, lo SDI, che simbolicamente lo elesse suo Presidente, anche se il male ne aveva già decretato la fine inesorabile.
Ci sono vari modi di scrivere la Storia e preservare la Memoria: come volontà di progresso o come risacca (Bocca).
Noi socialisti preferiamo che la Memoria di Giugni sia preservata come volontà di progresso: affinchè, passata questa stagione di buio della politica priva di ogni traccia di riforme, quando si passerà a ripensare alla riforma strutturale del Lavoro, l’insegnamento di Gino Giugno sarà ancora indispensabile per scrivere lo Statuto dei lavori.
6 ottobre ’09