20 agosto 2010

Galleria d'arte moderna e Margherita.

di Gianvito Mastroleo
(pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 12 Agosto 2010)
Un’eccellente notizia, il passaggio del teatro Margherita al Comune di Bari, dunque, sarebbe quasi fatto: un’antica aspirazione delle istituzioni territoriali che l’avrebbero valorizzato per fini istituzionali.
Visto che non si cancella e, come in questo caso, interviene anche quando non ce ne accorgiamo vale la pena occuparsi del passato.
Finocchiaro nei primi due anni del suo mandato di Presidente ne avrebbe voluto fare la sede del Consiglio Regionale; se nel ‘72 il PSI non l’avesse destinato alla RAI, c’è da giurare, ci sarebbe riuscito. Ciccio Troccoli, Assessore regionale repubblicano alla Cultura, forte dell’aiuto del primo Ministro dei Beni Culturali Spadolini, avrebbe voluto farne Biblioteca Nazionale. Negli anni ‘90 se ne interessò Franco Passaro, presidente della Cassa di Risparmio di Puglia, per la Presidenza e Direzione generale della Banca, disponibile a patrocinare comunque una destinazione esclusivamente culturale. Anche Gianfranco Dioguardi se ne è occupato, investendovi risorse proprie.
La Provincia di Bari, negli anni 80-82, raccogliendo l’idea di Pietro Marino, un intellettuale che di arte moderna se ne intende, avrebbe voluto insediarvi una Galleria d’arte moderna da istituire, pensando ad un’intesa con il Capoluogo, all’epoca un po’ distratto sulle politiche culturali; ne parlò il Presidente dell’epoca nelle relazioni al bilancio del 1981 e 1982, anche con dovizia di particolari; il Consiglio istituì un capitolo di bilancio (n.3400, tit. 2) per un mutuo di un miliardo di lire (all’epoca possibile) per avviare la ristrutturazione dell’immobile.
Essendo gli spazi abbondanti, la sede del circolo cittadino Sporting Club non sarebbe stata toccata, i contatti con Maestri già da allora affermati suggerirono di destinare a «botteghe» o spazi espositivi per far conoscere il lavoro e il talento dei giovani artisti, costretti a rapporti non facili con i mercanti d’arte, di regola più interessati al profitto.
Non se ne fece nulla per nessuno: la difficoltà di negoziare con il Demanio, con il sovrappiù dell’incertezza sul Ministero competente, fece il resto.
Eppure, in mancanza di un’idea minima sulla destinazione, cominciò un estenuante, del tutto improbabile restauro.
Ottima idea, dunque, destinare il Margherita a Galleria d’arte Moderna; non di meno il proposito di Emiliano di avere come partner la Provincia che oltre alla gloriosa esperienza della Pinacoteca potrebbe offrire alla nuova Istituzione un patrimonio di opere di cui è molto ricca, avviando così un rapporto virtuoso, di tipo metropolitano, tra due Enti destinati a una sempre più obbligata sinergia.
Ma qui sorgono i problemi; riusciranno questa volta Emiliano e Schittulli ad evitare quel che è accaduto sulla Fondazione Petruzzelli? Si spera di sì, anche perché trattandosi di una nuova istituzione nessuno dei due interverrebbe a cose fatte, e nessuno sarebbe costretto a liberare un posto.
Invece, nessuna illusione che la gestione della Galleria possa affidarsi solo ai biglietti dei visitatori: non accade in nessuna parte del mondo.
La Galleria sarebbe un «servizio» culturale, e come tale la gestione deve partire facendo affidamento innanzitutto sul bilancio degli enti locali: meglio chiarirlo subito, per evitare un nuovo tormentone del quale non si sente bisogno, come per il Petruzzelli.
Certo, si potrebbe (anzi, si deve) aspirare anche al mecenatismo dei privati: che non è dietro l’angolo, non s’improvvisa, tanto meno viene regalato: esso può nascere solo dall’incontro tra uomini di cultura e pubbliche istituzioni da una parte, con imprenditori seri dall’altra, ai quali occorre garantire un’Istituzione di grande respiro, un progetto a lungo termine, senza estenuanti battaglie verbali che guardano più ai risultati elettorali immediati che al futuro.
Cosa che se ce la mettessero davvero tutta, Schittulli e Emiliano saprebbero fare.