4 agosto 2010

Perché Mimmo è un boss «socialista» di ANTONIO LAUDATI

"Riteniamo utile pubblicare la risposta del dott. Laudati a Gianvito Mastroleo che è stata molto apprezzata da tutto il Partito per alcune coraggiose affermazioni".

Gentilissimo dottor Gianvito Mastroleo,
un suo intervento sul Corriere del Mezzo­giorno di venerdì 30 luglio scorso è per me fonte di grande stimolo dialettico su una delle più grandi ideologie del secolo scorso
e lo è anche per il modo così elegan­te con il quale lei pretende una precisazio­ne per quanto da me detto nella conferen­za stampa, nella quale ho illustrato i risul­tati dell'operazione «Libertà» che ha porta­to in carcere decine e decine di esponenti appartenenti al clan Strisciuglio.

E' vero ho definito il metodo della spar­tizione delle ricchezze all'interno del clan un «metodo socialista» e mi creda, dottor Mastroleo, non l'ho fatto per una «legge­rezza», perché mi è sfuggito o perché non avevo altri termini da usare. Né tanto me­no l’ho fatto per secondi fini. Indagando sul clan Strisciuglio – una mafia che non è seconda alle mafie storiche – ed esaminando la richiesta di arre­sto ho avuto modo di soffermarmi sulla ca­ratterizzazione «sociale» di questo clan e più studiavo le carte dell'indagine più il termine «socialista» — e poi le dirò perché non quello «comunista» — mi veniva in mente, come se invece di leggere solo un provvedimento giudiziario, io stessi leggendo anche un'analisi sulla mafia barese. L'utilizzo del termine «socialista» che in alcune occasioni in politica e nelle aule giudiziarie spesso ha assunto un significa­to distorto rispetto alla portata storico – sociale – economico, io l'ho usato proprio nel­la sua accezione più alta, più umana.
Il boss Strisciuglio è un boss «povero», uno che dalle numerose e disparate attivi­tà mafiose non si è arricchito, ma ha cerca­to di creare un sistema — certo delinquen­ziale — dove tutti i suoi affiliati ricevono benefici, potremmo dire una sorta di «welfare».
Le indagini giudiziarie evidenziano che Mimmo Strisciuglio si dissocia dal clan Capriati proprio perché non condivide il loro metodo di distribuzione della ricchezza.
Mimmo Strisciuglio non condivide, si dissocia e crea un clan dove la «ricchezza» — chiaramente frutto di un'attività illecita che noi contrastiamo — doveva essere ri­partita fra gli «associati», ma non con mo­dalità «comuniste». Il boss aveva ben chiaro il va­lore di ciascun affiliato, per cui la ricchezza non veniva divisa indipendentemente dalle capa­cità produttivo - criminale, ma in maniera adeguata alle capa­cità, ai meriti di ciascuno, po­tremmo dire — chiamando in causa Marx — «in proporzione al lavoro prestato».
Non solo venivano remune­rati gli associati, ma veniva pre­stata assistenza alle loro fami­glie e finanche ai fiancheggia­tori del clan.

Ecco, dottor Mastroleo, per­ché ho usato il termine «socia­lista» e perché lo userei anco­ra. Perché se i magistrati co­minciano a usare il termine «socialista» per richiamare un «metodo di distribuzione delle ricchezze» e non più per eti­chettare un indagato o un im­putato vuol dire che qualcosa sta cambiando anche nel rap­porto fra magistratura e politi­ca.

Infine, dottor Mastroleo, vi­sto che lei mi ha offerto questa preziosa possibilità voglio con­cludere assicurandola che pro­prio per il rispetto che io porto verso il termine «socialista», anche per quello che ha rappre­sentato nella Storia d'Italia, mai mi sentirà pronunciarlo come sostantivo per indicare un indagato dalla mia Procura.

Ho troppo rispetto per lei, per i socialisti veri e onesti, per la storia che rappresentate.

Antonio Laudati

Procuratore della Repubblica a Bari