25 ottobre 2011

Vittorio Potì: un socialista!


E’ scomparso a Melendugno a soli 71 anni Vittorio Potì.

Nessuno avrebbe potuto immaginarlo solo un mese fa; il tempo, brevissimo come un fulmine, nel quale si è consumata la tragedia.

Era Sindaco della sua città Melendugno, non l’ “ombelico del mondo, ma il centro dal quale è partita la sua speranza di riscatto del Sud, e la sua battaglia socialista durata quanto la sua stessa vita”, come è stato ricordato.

Ma era stato anche consigliere provinciale e regionale, eletto sempre con largo suffragio sotto le insegne del Socialismo Italiano, al quale è rimasto fedele fino all’ultimo.

Di quel Socialismo, come ha tenuto a dire Nichi Vendola nelle sue commosse parole, “non cultura del passato, ma speranza tuttora immanente per il futuro”.

Di quel socialismo, aggiungerei, non ideologico e dottrinario, ma di quel “socialismo che diviene” caro a Turati: che si batte per il riscatto, i diritti e le libertà di masse di contadini; quel socialismo che costruisce organizzazioni, luoghi di aggregazione, che forma amministratori capaci di guidare comuni e di rompere poteri notabilati e clientelari.

Socialista lui, come i suoi sette fratelli e tutta la sua famiglia.

Questo è il momento solo del ricordo, e di ricacciare dentro lacrime e commozione; verrà poi quello delle commemorazioni e della rievocazione di un passato (che oggi pare impossibile descrivere come tale!) speso nella “politica al servizio al bene comune”, come ha tenuto a dire chi gli ha rivolto l’ultimo saluto: l’Arcivescovo di Lecce, il vice Sindaco a nome della “sua squadra”, un esponente della società civile, il socialista Gianni Scognamillo, Nichi Vendola.

Per tutti “uomo buono”, un “genio della capacità pragmatica”, ha detto Nichi Vendola.

E che fosse un uomo buono lo testimoniavano le lacrime che solcavano i volti di tutti: donne di ogni ceto sociale; giovani, molti; operai, tanti operai; socialisti, tanti, proprio tanti socialisti e tutti a dispetto della sciagura biblica delle loro divisioni.

Nella piazza grande del paese, dove il popolo di Melendugno aveva dato appuntamento all’intero Salento e alla Puglia, diecine di gonfaloni di Comuni della Provincia e della Regione listati a lutto e tanti Sindaci con il loro tricolore, nonostante le migliaia di convenuti, incombeva un silenzio irreale: quel silenzio che accompagna sempre la tragedia o l’inverosimile.

E per un cerimonia mesta, molto significativa, religiosa, ma anche laica e identitaria.

L’Arcivescovo ha celebrato una liturgia solenne come quelle che si riservano ad un prelato, ad uno della Famiglia; la Società istituzionale ha accolto le sue spoglie nel Palazzo di Città in mezzo al popolo, come lui ha sempre vissuto; la sua Famiglia, affranta, ha voluto rivendicare la sua identità socialista avvolgendo la sua bara in due bandiere rosse, di cui una lisa dal tempo; Anna e i suoi figli hanno voluto seguire il corteo con un garofano rosso al petto, per testimoniargli fedeltà, anche per il futuro, alla battaglia ideale di una intera esistenza e che anche loro hanno condiviso sempre, fino all’ultimo.

Dopo la cerimonia non volevamo lasciare quella piazza, per restare ancora con quel popolo, con quei socialisti, e ancora un po’ con lui, con Vittorio.

Ed invece dovevamo lasciarla tutti, per riprendere ciascuno il nostro lavoro
Per tornare a predisporre tutto per quello che avverrà il cinque novembre a Conversano, dove sarà ricordato Di Vagno assieme al Presidente Napolitano, e dove Vittorio non sarebbe mancato, assieme sempre alla sua Anna.

E dove, tornando questa sera, ho dovuto mettere da parte l’invito che avevamo preparato anche per lui!

Con un abbraccio forte a Anna, ai tuoi figli, a Damiano, ai tuoi fratelli, ai suoi e miei compagni salentini, a mio nome e a nome del PSI riesco a dirti semplicemente: ciao Vittorio!

Gianvito Mastroleo