12 ottobre 2011

Socialismo: prima le idee

Com’era da prevedersi il declino del berlusconismo avvia della ristrutturazione del quadro politico nazionale e mette in movimento i pezzi delle culture politiche scomposte.

Lo fa l’area cattolica, con discrezione come per tradizione: anche se il cardinale Bagnasco smentisce che ci sia un suo partito c’è chi pensa, e non da oggi, a ricomporre un grande partito con solidi riferimenti oltre Tevere; se questo accadrà c’è da giurare che nel PD di cattolici ne resteranno ben pochi.

Il che, forse, non sarebbe un male giacchè la crisi di quel partito, frutto della non riuscita fisiologica competizione tra diverse linee politiche, si risolverà solo con l’abbandono, forse senza traumi, di uno dei due contendenti.

Si muove anche il mondo socialista: non a caso in Puglia si sia sentita la voce di un esterno, Bruno Stamerra, che di fronte all’attivismo dei cattolici dalle colone de La Gazzetta del Mezzogiorno chiama i socialisti a fare altrettanto; gli fa eco Stefania Craxi, con una risposta che merita attenzione.

Sollecitazioni che hanno il pregio di riproporre la questione, ma anche un limite un po’ più complesso.

A sinistra, entro l’anno il PSI va verso l’Assemblea congressuale, più che per eleggere organismi a rischio di autoreferenzialità, per una riflessione generale sulla politica e un dibattito sul suo destino; a destra, Fondazioni che si richiamano al socialismo non stanno a guardare.

Dopo questi lunghi anni di assenza o di marginalità politica il punto vero della questione socialista in Italia è da dove ricominciare; sapendo che la ripartenza dalle attuali forme organizzate sarebbe ben difficile, giacchè ad un PSI sarebbe immediatamente contrapposto un Nuovo PSI, o altre simili diavolerie, e tutto diverrebbe impossibile come è stato in tutti questi lunghi anni.

Ai residuali riferimenti organizzativi dei cattolici, venuta meno nel 1994 la DC loro partito unico, la Chiesa cattolica, rafforzando la sua soggettività in ambito politico, in questi anni non ha fatto mai mancare il supporto culturale.

Non altrettanto ai socialisti; anzi, da qualche parte si teorizza il superamento di quella cultura come obsoleta, pensando alla mutazione del corpo sociale (la classe operaia) originario; ma trascurando che i ceti operai delle fabbriche di fine ottocento oggi sono i milioni di giovani (e non solo) inoccupati o precari che si agitano per ogni dove, con i loro nuovi diritti, quello ad uno studio degno del nome e le protezioni a rischio sul posto di lavoro; oppure, ai milioni di giovani che lottano nel mediterraneo ai quali occorre garantire un orizzonte di sicurezza e di diritti umani, di democrazia, di laicità.

La verità è che l’idea di socialismo (certo, di un nuovo socialismo) inteso come mondo di relazioni tra le persone che non sia guidato solo dalla ricerca del profitto ma da una genuina solidarietà verso gli altri, dalla visione laica dello Stato e delle sue relazioni, non solo è tuttora di per sè attraente, ma è largamente presente in una società che con l’avanzare di antiche disuguaglianze e nuove povertà, con l’affievolirsi della coscienza laica ne avverte urgente bisogno: né più e né meno di quanto accadde ai suoi albori.

Non a caso in Europa il socialismo non sia messo così male come in Italia, visto che in Francia solo qualche giorno fa due milioni e mezzo di cittadini hanno partecipato alle primarie interne per scegliere lo sfidante di Sarkozy.

La verità è che un ventennio di elaborazione culturale socialista pressoché clandestina si fa sentire, eccome!, ed ha lasciato campo libero a coloro che pur di non pronunciare quella parola preferiscono “progressisti” o “democratici”, dimentichi che perseverare è solo diabolico!

La ripartenza del socialismo italiano, perciò, se vorrà essere unitaria non potrà mai avvenire rovesciando l’ordine naturale del processo; e cioè, prima la forma organizzata in partito e poi i fondamentali del socialismo italiano per il XXI°.

Gianvito Mastroleo