2 ottobre 2007

Da Molfetta - INTERVISTA A TOMMASO MINERVINI


Può spiegarci come è nata la sua nomina a coordinatore provinciale della Costituente Socialista?
Per un anno ho lavorato col gruppo di studio della Fondazione Di Vagno sulla domanda: “Il Socialismo ha un futuro?” Abbiamo fatto discussioni, analisi, prodotto documenti, ci siamo confrontati anche con alte personalità, un lavoro che culminerà il 25 settembre con Boselli e Bertinotti, in occasione dell’anniversario su Di Vagno ed a novembre col convegno su Gaetano Salvemini.

Da questo lavoro è emersa tutta la forza prospettica che il socialismo ha. La battaglia per la liberazione dell’uomo e della società è lungi dall’ essere vinta.

A termine di questo impegno gli esponenti dell’area socialista e dell’area sindacale all’atto del varo della Costituente socialista, nello scorso mese di luglio, mi hanno chiesto di coordinare a livello provinciale la fase politica ed organizzativa che traghetterà la costituente al congresso fondativo che si terrà a gennaio 2008. Ho accettato di farlo, ma non voglio scordare la mia città, a cui ho dedicato una grande ed intensa parte della mia vita.

Quale crede sia il ruolo che può svolgere oggi, nel panorama politico nazionale, una forza politica di ispirazione socialista?
La si impone come area politica di collegamento tra il PD ed i post comunisti italiani e pugliesi, in modo da evitare la tentazione neo centrista di ampie aree del PD e rilanciare la sinistra italiana nell’internazionale socialista. E’ Importante, ed io solleciterò in tal senso, una alleanza con la rappresentanza partitica di ispirazione del cattolicesimo democratico e sociale, compreso il dialogo tra UDEUR e UDC, ma è altra cosa rispetto alla tentazione di isolare o intimorire le sinistre italiane e pugliesi o gli atteggiamenti intolleranti verso alcune aree del sindacato. La sinistra in Italia ed in Puglia è stata e deve continuare ad essere, insieme agli altri soggetti politici, fattore e stimolo di crescita civile e sociale. E’ la funzione che ha svolto in due secoli di storia sino alla Resistenza, alla ricostruzione, alla emancipazione del lavoro e dei lavoratori e dei diritti, alla difesa democratica durante il terrorismo.

Si scambia, volutamente, l’ esigenza della Governabilità, verso cui tutti dobbiamo sentirci impegnati nelle assemblee e negli esecutivi delle varie Istituzioni, anche la destra, con l’omologazione. Infatti proprio la necessità di nella esige la limpidezza delle varie identità rappresentative dei cittadini. Se vogliamo che questa governabilità sia sinceramente democratica.

Altrimenti andremmo verso un completo processo di , con dissociazioni traumatiche per la stessa società italiana (vedi il caso FIOM) come stiamo assistendo in queste ore nel dibattito politico regionale e nazionale o alla ricerca del Governo purchessia, come pure sta emergendo. Sia col PD che con Berlusconi.

La frammentazione è figlia della legge elettorale, ma soprattutto deve superarsi con un grande processo culturale, sociale ed istituzionale che io condivido debba misurarsi in nuova fase di revisione organica della Costituzione, attraverso una “costituente” che ridisegni i grandi orientamenti entro cui il Popolo italiano debba legiferare: i rapporti dei vari poteri dello Stato, i diritti individuali, la crescita collettiva, ed altro ancora.

Il futuro non può essere delineato con leggi di riforma costituzionale epilettici, parziali a colpi di maggioranze contingenti, senza un condiviso e largo processo riformatore che tenga conto della sintesi culturale, morale, religiosa e politica della Italia nel contesto Internazionale. Solo attraverso un tale processo si giustificano e si ricercano anche a livello di unificazione partitica le grandi sintesi che ci faranno superare le categorie politiche del ‘900 e il futuro. Dire “il futuro ci convince” non basta, è una affermazione di esortazione psicologica certamente positiva, ma che va verso l’ignoto fideistico. La politica deve indicare come potrà e dovrà essere il futuro.

Altrimenti va a finire, come è successo con Emiliano che dice: Il Programma? Sono io! O al massimo una narcotizzante videocrazia delle coscienze e dei cervelli.

Crede che questa iniziativa possa ricomporre la “diaspora” socialista occorsa dopo lo scandalo di Mani Pulite che di fatto cancellò il Psi dallo scenario politico?
I socialisti sono già riuniti sul piano collettivo e concettuale! La questione vera, politica e di prospettiva è “la questione socialista” che va al di là dei socialisti stessi. Per questo il mio impegno è rivolto soprattutto all’area sindacale, dei liberali e repubblicani e delle aree ex PDS e di Rifondazione a cui rivolgere il processo verso il PSE. La coniugazione della libertà individuale col benessere collettivo è tutt’ora una esigenza non dei socialisti ma di tutta la sinistra e del cattolicesimo democratico italiano. Non è l’annessione dei socialisti né la cancellazione della parola socialismo o la rimozione storica di Rutelli e compagni, che potranno interrompere l’evoluzione di quasi tre secoli di storia, in cui generazioni si sono battute per coniugare la libertà e la liberazione dell’uomo col benessere collettivo. Oggi più che mai in uno scenario necessariamente internazionale.

In diverse circostanze i socialisti hanno provato a dar vita ad un soggetto politico unitario, ma poi questo progetto è sempre miseramente fallito. Perché questa volta dovrebbe andare in porto? Cosa la fa essere ottimista?
Perché questa volta è una questione reale non più eludibile, dopo lo sconquasso della Sinistra italiana a seguito della nascita del PD. Riguarda l’intero Paese: accontentarsi di un comodo apparato per governare il presente? Trovare una sistemazione personale o di gruppo per un impegno politico? O porre, pur nella difficoltà e nella possibile sconfitta, la questione fondante della Libertà e della Giustizia Sociale. Si è aperto un grande vuoto nel confronto politico di grande respiro che non si esaurisce affatto col Partito democratico, anzi si apre.

Un autorevole esponente del socialismo pugliese, l’assessore regionale Alberto Tedesco, ha scelto di aderire al Partito Democratico. Non pensa che possa essere quella la casa di tutti i riformisti? Cosa differenzia, sul piano dei valori, il nuovo soggetto politico socialista dal Partito Democratico?
Alberto ha fatto una scelta per il suo gruppo, che non risolve la questione socialista posta. Io mi auguro che un giorno, quanto prima, potremmo riprendere un impegno comune più stretto. Ma la questione non va impostata sulle scelte individuali o di gruppo. E’ un problema collettivo. Di scenario. E’ il dovere della nostra generazione costruire la “casa di tutti i riformisti”, come la chiami, io la chiamerei in altro modo: il riformismo è un metodo non una prospettiva politica.

Se Emiliano afferma che finalmente la società civile potrà votarlo liberamente, dopo che è rimasto l’unico candidato concordato dai responsabili di apparato ds e margherita nazionali, mi dici tu che c’entra la casa comune? Non è solo la mia opinione, lo scrivono i giovani della Margherita in una lunga lettera pubblicata. Io mi pongo in termini positivi, dobbiamo dialogare, evolvere verso una “sintesi”, non già una omologazione senza identità.

Per ora sappiamo che il Partito democratico è una potente organizzazione politica che intende semplificare, fare massa elettorale, io ho detto omologare la politica. Io sono convinto che è nostro dovere in questo nuovo secolo riorganizzare un grande partito di massa, che sappia riavvicinare le istituzione alla politica evitando derive populistiche, qualunquiste o peggio. Ma se mi chiedi quali sono i “valori” nel Partito democratico, invito tutti a consultare il sondaggio di Repubblica che invita a votare per il valore fondante del PD espresso dai vari candidati alla segreteria nazionale: uno diverso dall’altro.

La sintesi di governo non può invadere la sfera della ricerca della fede, della libertà di pensiero, della scienza, dei sentimenti. L’idea di eliminare il libero confronto sin “alle radici dell’erba”, come scrisse anni il figlio di un grande statista pugliese, Aldo Moro è un’idea folle e pericolosa. Guai a confondere le due sfere vitali, si rischierebbe, appunto, una omologazione senza identità.

Ho ben chiaro invece i valori del socialismo che verrà: innanzi tutto il valore della Libertà, individuale e collettiva; la Giustizia sociale; la laicità intesa come riconoscimento dell’altro (questione che non è relegabile ai socialisti o ad un volgare anticlericalismo, ma è fondante del nuovo internazionalismo e dello stesso cristianesimo del XXI° secolo). Il valore della Laicità impone il valore dell’Etica e della “non violenza”, tra individui e tra le nazioni. Infine i socialisti pongono come irrinunciabile il valore dell’Internazionalismo, che sul piano organizzativo e specifico significa appartenenza al variegato mondo del PSE e dell’internazionale socialista.

Da troppo tempo non ci si confronta su questi temi, senza le pistole della campagna elettorale o della polemica partitica? Vale la Costituente Socialista per mantenere aperta, “alle radici dell’erba” la discussione di questi temi e la loro traduzione in scelte politiche ed istituzionali?
A livello personale, questo prestigioso incarico la riporta sulla scena politica regionale, dopo la sua esperienza di sindaco ed il profilo “tecnico” che, negli ultimi anni, ha sempre cercato di mantenere, occupandosi più di vicende meramente amministrative che di dinamiche politiche o partitiche. Cosa l’ha spinta a riannodare i fili di un discorso interrotto? Si sente “tornato a casa”?

In verità è un ritorno: a 21 anni ero già nell’esecutivo regionale del PSI, come responsabile delle politiche sociali. Oggi v’è l’esigenza, come avevo detto nel confronto amministrativo 2006, di passare da una stagione del “fare” al processo di costruzione dei soggetti dell’”essere”. Peraltro la stessa scelta della coalizione elettorale 2006 stava in questo processo.

Dopo aver fatto le cose ed innescato importanti e poderosi processi amministrativi, di cui oggi Molfetta beneficia, v’è il bisogno di indicare un’altra necessità: rafforzare il processo, l’impegno di uomini e donne di una comunità in una visione di prospettiva condivisa dei grandi temi della società. Senza scordare il concretiamo dei problemi anche della città. (ma credo che di questo non debba più dare prove). Oggi l’emergenza è il preoccupante allontanamento di vaste aree della società dalla politica, dei giovani soprattutto. Va rapidamente recuperato, altrimenti le cose fatte e da fare non potranno “vivere”.

Indicare ai giovani che è necessario sentirsi parte di quelle “comunità di destino”, che sono il lievito dell’umanità è un compito altrettanto importante, aspetti non alternativi, bensì complementari. Anzi l’uno esalta l’altro. Oggi più che mai. E Molfetta è testimone sofferente di questa esigenza.

Intervista all’Altra Molfetta.

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