22 ottobre 2007

Riflessioni - di Francesco Ingrosso

Compagne e compagni,
stiamo attraversando una delle fasi più importanti per la nostra storia politica. Abbiamo l’opportunità di superare divisioni e divergenze che ci hanno visto nel recente passato scontrarci duramente al nostro interno, batterci per gli stessi obiettivi e con gli stessi ideali su opposti fronti.
Abbiamo vissuto un modo di fare politica incentrato sulla necessità impellente di differenziarci, piuttosto che lavorare assieme per dare un’opportunità in più alle nostre battaglie. Molti di noi sicuramente vivono questa fase spinti dall’affascinante idea di tornare ad avere un’unica bandiera del socialismo in Italia. Tornare ad essere un unico partito. Un’unica squadra. Idea molto affascinante… ma per nulla spendibile elettoralmente.
L’obiettivo che dobbiamo porci deve essere di tutt’altra natura, deve avere orizzonti nuovi e più ampi. Non conteremo nulla se la nostra meta è quella di proporci agli elettori dicendo: “Siamo tornati ad essere un tutt’uno.”
Su tutti i versanti politici si stanno registrando in questo periodo movimenti tendenti a semplificare il quadro politico nazionale. Noi abbiamo scelto una strada ambiziosa, ma forse anche la più ovvia e naturale. Ci siamo posti come obiettivo quello di rappresentare in Italia il socialismo europeo. Ma per fare ciò occorre lavorare. Occorre sacrificio. Occorre determinazione. La nostra spinta, la nostra motivazione deve essere quella di costruire qualcosa di nuovo e non di ricostruire qualcosa di già vissuto, di già visto. Siamo gocce di un passato che non può più tornare, cantava Giorgia, e io mi permetto di aggiungere che quel passato non DEVE più tornare. Quando i socialisti hanno lavorato, hanno prodotto ragguardevoli risultati. Ma oggi c’è bisogno di un nuovo impegno. C’è bisogno di un lavoro attivo, vitale.
Per non parlare di quel modo di fare politica asfittico che ci ha caratterizzato dal ’92 ad oggi mossi comunque dalla convinzione che tanto poi i risultati si vedranno, i voti comunque arriveranno.
Il nostro percorso ci deve portare ad un nuovo approdo e dobbiamo accostarci in queste fasi alla politica nello stesso modo in cui si affaccia un giovane per la prima volta.
Non abbiamo bisogno di posizioni rinunciatarie.
Occorre rifondare le regole stesse della partecipazione democratica. Ciascuno di noi deve contare per quello che fa e non per quello che è. Non deve essere il fascino o il prestigio dei ruoli e delle responsabilità a darci fiato per continuare. Io voglio poter contare tanto quanto un qualsiasi esponente storico. Dobbiamo essere tutti alla pari. I ruoli sono e dovranno essere fonte di responsabilità. I responsabili dovranno farsi portavoce di ciò che la base decide e non rappresentare, come molto spesso accade, il frutto di convincimenti del tutto personali.
Non deve essere un’operazione di potere la nostra. Una fusione a freddo tra dirigenze che dobbiamo perseguire. Perché, se è quello il nostro obiettivo, allora compagne e compagni, permettetemi di dire che abbiamo sbagliato tutto, stiamo sbagliando strada. Non possiamo permetterci di criticare il percorso che stanno compiendo DS e Margherita se poi la nostra meta è quella di fare altrettanto.
Quello che in questa fase deve emergere è il lavoro di un’intera squadra, ma anche l’impegno personale di un singolo. Non possiamo pensare e non dobbiamo immaginare che tanto sono linee già tracciate, strade che si dovranno comunque percorrere. Occorre lavorare più del doppio e a tutti i livelli.
Crediamo veramente che sia indispensabile mantenere posizioni e privilegi che in questa fase non hanno e non dovrebbero avere alcun senso?
So solo che abbiamo molto da fare, molto su cui lavorare se davvero vogliamo soltanto sperare che questo percorso possa dare frutti, risultati.
In un presente in cui il sentimento dell’antipolitica cavalca e viene da più parti cavalcato, la nostra risposta deve essere quella della più autentica e trasparente partecipazione democratica di tutti, di quanti in questa strada credono. Di coloro i quali sono disposti ad offrire il loro contributo, le loro idee.
Dobbiamo ripartire per costruire le nuove fondamenta di quella che sarà la nostra casa comune. Abbiamo giustamente scelto di percorrere la strada del socialismo europeo. Ma deve essere quel socialismo che in altri Paesi è stato in grado di dare risposte alle istanze della popolazione. Quel socialismo riformista che ha consentito ad un Paese come la Spagna, venuto fuori da una storia recente tra le meno felici, di poter puntare a pieno titolo ad avere un ruolo sullo scenario europeo. A rappresentare un modello di riferimento per tanti Paesi, per tutti noi socialisti ma non solo. Se le nostre ambizioni non sono all’altezza delle aspettative dei nostri elettori, anzi dei molti cittadini italiani, io mi chiedo allora: “Che partita stiamo giocando?”
Il lavoro compiuto finora non basta. Occorre più olio di gomito e la piena consapevolezza che per riuscire ad avere un maggiore peso politico nelle coalizioni di governo che a tutti i livelli appoggiamo, sia necessario far ripartire la nostra storia, le nostre lotte, la nostra militanza. Con spirito nuovo e piglio deciso per lanciarsi nell’arena e dimostrare come le nostre idee possano determinare sviluppo, benessere e crescita come in altri paesi sta già accadendo o è già accaduto.
A questo appuntamento con la storia, con il nostro paese nessuno di noi può mancare. Nessuno di noi deve sentirsi libero di tirarsi fuori. Se questa sarà la nostra cifra allora compagne e compagni andiamo avanti con determinazione, convinzione e coraggio. Sono sicuro i risultati non tarderanno ad arrivare.

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