24 ottobre 2009

GIULIANO VASSALI – UN UOMO BUONO.

di Gianvito Mastroleo

Capita qualche vota di credere, forse di sperare, che l’inesorabilità della legge del tempo possa fare un’eccezione; che alcune persone possano sfidarla quella legge, di là dalla ragionevolezza.
E’ accaduto per qualche mese, nonostante le notizie della precarietà delle condizioni fisiche e la speranza di salutarlo Senatore a vita, con Giuliano Vassalli che, invece, giorni fa se n’é andato in punta di piedi a 94 anni, preoccupato, come solo i grandi sanno fare, che la sua morte non avesse dato a nessuno il fastidio di accorrere per salutarlo da ogni contrada d’Italia.
Allievi, Colleghi, Uomini di Governo, le più alte cariche del Parlamento, delle Istituzioni e dello Stato, i compagni lo avrebbero fatto: lui lo sapeva e, chiedendo che l’annuncio discreto del suo ultimo viaggio, come discreta al limite dell’umiltà è stata la sua grandezza umana, scientifica, politica, democratica, ha dispensato tutti.
Di Giuliano Vassalli, Maestro del Diritto, Uomo politico e di governo, Giudice delle Leggi, Socialista, Partigiano e antifascista nelle prossime settimane si scriverà molto; negli anni a venire si parlerà ancora di più per additarlo, si spera, come irrangiugibile esempio di rigore culturale, scientifico, accademico, e di coerenza politica.
In queste ore a chi senza merito ha avuto la sua Amicizia sia consentito di ricordarlo sotto il profilo umano, di Uomo semplice dallo sguardo profondo ma sempre affettuoso, dalla cordialità imbarazzante, come quando riusciva a imporre al suo pur restio interlocutore, se socialista, di chiamarlo semplicemente per nome e di dargli del tu, di saper facilitare il tono confidenziale, tuttavia mai leggero, come se ci si conoscesse da sempre, cancellando con un tratto di penna deciso e indelebile distanze abissali.
E di trovarti a tuo agio, sia che affrontassi discorsi a metà tra giuridico e politica, sia quando con preoccupazione, negli ultimi anni, si parlava del destino del socialismo italiano e del suo partito
.
Sempre cauto nelle risposte che, meditate, non arrivavano mai a caldo; e ancor più disposto ad ascoltare il tuo pensiero, curioso con rigore quasi scientifico di sapere quel accadeva dalle tue parti, quel che pensavano i compagni, gli orientamenti del gruppo dirigente.
Il suo era sempre un profilo basso, ma la disarmante discrezione nascondeva un’autorevolezza di fronte alla quale nessuno avrebbe potuto resistere, tanto meno contraddire.
Non a caso nei momenti più difficili della storia d’Italia, con i socialisti sempre alle prese con le loro responsabilità politiche e istituzionali, Giuliano Vassalli è stato il più ascoltato consigliere di Segretari di Partito, di Ministri, capi di Governo, Presidenti della Repubblica: avvenne con Nenni all’Assemblea costituente, con Mancini negli anni difficili dei cosiddetti «poteri forti», con Bettino Craxi nella trattativa per la salvezza della vita di Aldo Moro, con il Partito e con molti dirigenti socialisti nel drammatico biennio di «mani pulite» quando irremovibile fu la sua critica contro ogni deriva giustizialista, lui che del nuovo rito processuale penale, finalmente accusatorio, a pieno titolo può considerarsi padre putativo.
Vassalli è stato un grande Socialista, forse l’ultimo epigono della generazione dei socialisti, da Nenni a Saragat e Pertini (alla cui liberazione dalla persecuzione fascista di Regina Coeli nel 1943 aveva eroicamente contribuito), forgiati nell’esilio, nella lotta contro l’oppressione, nella resistenza, nel carcere.
Autorevole pur senza aver mai controllato una sola tessera o fidelizzato un solo dirigente
, ha concorso a scrivere la storia del Socialismo italiano con il prestigio solo della forza delle idee e della coerenza del Riformista che nel 1947 aveva saputo dissentire da Nenni sul Fronte popolare.
La sua casa romana sul Lungotevere Vallati, a due passi da quel Ministero di Grazia e Giustizia che lo vide per ben tre volte autorevole Guardasigilli, con i suoi tre saloni in fila al piano terra, nei quali a volte riceveva qualche amico, era un «tempio del sapere» che avrebbe inculcato soggezione a chiunque: migliaia di libri sempre perfettamente ordinati, eppur vissuti, occupavano tutte le pareti fino al soffitto; il suo Studio professionale, non a caso in via della Conciliazione a pochi passi dal Vaticano (del quale suo Padre Filippo, il grandissimo giurista, civilista, laico era stato ascoltato consigliere nei momenti difficili) si presentava con la tranquillità, austera ma rassicurante, dell’aristocrazia professionale e scientifica.
Giuliano Vassalli ha avuto amici anche in Puglia: stimato molto dall’ambiente universitario giuridico e dal Foro barese.
Dell’indimenticato Gaetano Contento, penalista insigne e docente di diritto penale nella nostra Università, Vassalli ebbe un concetto altissimo, in particolare per la sua opera sui Reati contro la Pubblica amministrazione: di eccezionale valore scientifico, mi disse personalmente.
Aveva grandi amici fra i socialisti: Rino Formica, compagno delle esperienze di partito fra gli anni ’47 e ’52; e poi Peppino Di Vagno (jr.) con una frequentazione personale e familiare di là da quella solo politica, e al quale sono debitore, in anni ormai molto lontani, del mio primo incontro con lui.
E Beniamino Finocchiaro, deputato socialista di Molfetta, primo Presidente del Consiglio Regionale di Puglia, Presidente della RAI, fondatore della Rivista Politica e Mezzogiorno che in più di una occasione ospitò suoi scritti: e che Vassalli volle commemorare - da par suo - a Molfetta qualche mese dopo la morte, accomunati entrambi dalla stessa decisione di lasciare il mondo silenziosamente, senza dare fastidio.
Informato della Fondazione Di Vagno, incoraggiò a coltivarne il progetto e quando fu invitato nel 2005 per la presentazione alla Camera dei Deputati del volume “Giuseppe Di Vagno (1889-1921) Documenti e Testimonianze” assieme a Rino Formica e Simona Colarizi, dette un contributo, rigorosamente preparato, di grande rigore storico e politico che comparirà nel Volume di imminente pubblicazione per le Edizioni Palomar.
Pochi mesi fa avevo con lui un appuntamento, a casa sua, a mezzogiorno: puntuale varcai il cancello della villa umbertina, un giardiniere m’informa che «il professore» qualche minuto prima aveva lasciato la casa in autoambulanza per l’ospedale; sulla soglia di casa, trepidante, la governante che già mi aveva accolto altre volte, mi porge le scuse del «professore» che per oltre un’ora aveva cercato il mio telefono per informarmi di quel suo diverso impegno. Grande, Giuliano!
I giuristi studieranno a lungo sui suoi libri; i socialisti leggeranno i suoi scritti; i testimoni, si spera, racconteranno quanto sia stata grande la sua militanza.
A noi oggi non resta che il rammarico per non averlo potuto salutare l’ultima volta, tutti assieme, i socialisti, con un Ciao Giuliano!
La drammatizzazione del lutto avrebbe reso più sopportabile, se possibile, dolore e rimpianto.