15 novembre 2009

Un po’ di buona volontà … e di buon senso.



di Gianvito Mastroleo

Sinistra e Libertà, nata sotto la spinta del più visibile dei suoi fondatori, Nichi Vendola, a meno di un recupero finale di buon senso, rischia di vanificare le speranze e le illusioni del primo avvio.
Gli sforzi per evitare l’esito finale stentano a produrre risultato perché si rivolgono agli effetti, non alla causa della crisi: l’anomalia, cioè, della nascita di un partito che, accomunando i fondatori nella speranza di “più sinistra”, non tenne conto di quel che oggi appare ineluttabile.
La loro diversità (non inconciliabilità) culturale: riformisti e socialisti, radicali e antagonisti accomunati da una debolezza, lo sbarramento della legge elettorale per le europee e la delusione della “vocazione maggioritaria” di Veltroni, e dalla forza di voler assicurare fisionomia di moderno partito di governo potendo mettere in campo la forte esperienza del Governatore della Puglia.
Il fardello delle tensioni delle rispettive origini, mini-scissioni dai contenuti ideologici o la battaglia congressuale perduta ancorchè giusta di Vendola e solo per alcuni un passato riformista.
Storie politiche e narrazioni personali diverse, dunque, decidono di fare un «partito»: non secondo il modello del “partito comunità”, di uomini che si ritrovano per condividere una forte visione del mondo, ma per aver trovato un leader pieno di passione, dall’indiscusso carisma politico e fascino personale.
D’altra parte, Vendola legittima il “suo” movimento a Bruxelles in una saletta interamente tappezzata da ritratti di Marx, il “grande vecchio ebreo dalla barba bianca dalle larghe spalle” cui affidarsi, come dichiara all’Espresso; anche se nelle conversazioni private ma soprattutto in pubblico (come alla Fiera del Levante) ragionando fra sogno e concretezza, utopia e pragmatismo indica la via per una forza riformista e di governo, ma non trova il tempo di trasmettere al “suo” popolo il messaggio di mettere in soffitta le radicalità e le non sopite asperità verso gli “odiati socialisti”.
E nessun confronto sui contenuti valoriali e programmatici!
Illusorio immaginare, perciò, che la contaminazione sulle liste e candidature per le elezioni (europee, comunali e provinciali) avrebbe cancellato le differenze: le elezioni, anzi, anche per i relativi risultati hanno solo spalmato su più larghe superfici sospetti e risentimenti.
In questi mesi, piuttosto, si è fatto poco o nulla per sottrarre una formazione che per la sua stessa ragione fondativa avrebbe dovuto porsi come riferimento per altre, alla tentazione del modello di partito personalizzato e alla prassi sempre più invadente per cui le ragioni dell’adesione si attestano attorno alla persona più che al partito o al progetto; e dove il voto si caratterizza per l’attaccamento carismatico al leader che rappresenta o surroga, o per un legame fiduciario (molto più volubile) che affida le idee al circuito mediatico e spera di catturare l’attenzione alimentandosi di elementi delle personalità.
Il tentativo estremo di salvare “Sinistra e libertà”, dunque, andrebbe (anzi, va) affidato alla ricerca di quello che unisce su idee alte e programmi realizzabili, più che alle mediazioni sugli strumenti organizzativi, e puntando su eventi dal forte valore simbolico, come la partecipazione al congresso del PSE.
Non sono pochi i temi sui quali si può verificare capacità e voglia di ritrovarsi e proseguire il cammino, a partire da qui.
· La Giustizia, per verificare se la cifra comune sia l’antiberlusconismo, ovvero una proposta alternativa al progetto di impunità diffusa, per es. Costituzionalizzare il lodo Alfano;
· i diritti civili e le carceri, per una immediata attivazione di strumenti per democratizzare il controllo della vita quotidiana del detenuto, attraverso un Garante per i loro diritti;
· le istituzioni regionali, con un progetto di semplificazione del reticolo di centri paradecisionali, la soppressione di poltronifìci e stipendifìci, l’efficienza della PA e la riduzione dei costi della politica;
· i partiti e la democrazia interna, più che occasione di alimento del ceto politico.
· e altri, naturalmente.
Lecito dunque invocare il buon senso, perché intervenire solo sugli effetti, piuttosto che sulle cause della crisi, né la risolve né aiuta per lasciarsi senza rancori.



P.S. Apprendo ora ora di un Forum che si sarebbe svolto oggi in Fiera del quale - forse per esclusiva mia colpa - non ero informato, ma al quale sarebbe stato interessante partecipare: saranno certamente emersi non pochi altri argomenti di discussione, innanzitutto sui quali va aperto il confronto