1 giugno 2010

DISCORSO DI INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE ONOFRIO INTRONA.






REGIONE PUGLIA – IX LEGISLATURA DISCORSO DI INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE ONOFRIO INTRONA.



Signor Presidente,

Colleghe e colleghi Consiglieri,

Amici della stampa,

Signore e Signori,



Ringrazio tutti voi che questa mattina avete voluto onorarmi, affidandomi un incarico di grande responsabilità e di garanzia. Spero di essere all’altezza del compito che mi è stato conferito e che mi accingo ad assolvere con l’impegno che ho sempre profuso nel corso della mia lunga ed intensa esperienza politica. Un augurio ed un caloroso benvenuto ai colleghi nuovi eletti ai quali porgo il più sincero buon lavoro nell’interesse della comunità pugliese. Sarò al vostro servizio contando su un ruolo costruttivo delle opposizioni. Ma, più in generale, sarò al servizio della Puglia, in un momento particolarmente importante della vita economica, sociale e culturale della regione, se non dell’Italia intera. Un augurio caloroso a Nichi Vendola per la meritata rielezione a presidente della Giunta della Regione Puglia. La sua azione di governo, le sue capacità di sfida, espressione di una sinistra moderna e consapevole, la sua caparbietà hanno reso la Puglia una regione pilota, un modello da esportare apprezzato dai pugliesi che gli hanno tributato una vittoria indiscussa ed un personalissimo successo. Consentitemi anche di rivolgere un pensiero a chi mi ha preceduto, il presidente Pietro Pepe. All’amico Pepe, va il mio fraterno abbraccio oltre all’apprezzamento per il prezioso lavoro svolto con competenza e volontà in questi anni. Nel corso di questa IX Legislatura regionale ci troveremo ad affrontare impegni di grande rilevanza. Il 2010 è un anno particolarmente importante perché ricorrono diversi anniversari: i 150 anni dell’Unità d’Italia, i 40 anni dalla fondazione delle Regioni ed anche dalla nascita dello Statuto dei Lavoratori, che si deve all’impegno socialista di Giacomo Brodolini e di Gino Giugni. Sta prendendo corpo il Federalismo fiscale e si pone in maniera ancora più pressante la questione di un Mezzogiorno, riguardo al quale – per dirla con il nostro presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – “purtroppo, in questo momento, e già da tempo, assai basso è il grado di attenzione che tutte le forze rappresentative del Paese dedicano anche al rapporto tra Mezzogiorno e sviluppo nazionale”. Personalmente, ritengo che la questione meridionale rimanga una faccenda nazionale, ma che comunque oggi vada letta in una dimensione mediterranea. A questi temi fondamentali si aggiungono quelli non meno importanti, di casa nostra, come per esempio, la riforma dello Statuto al quale dovremo rimettere mano al più presto, e l’impegno di tutti noi per un più ampio processo di sviluppo della Puglia, legato – tra l’altro - ad un vero e proprio ripensamento del mondo che si sta spostando a Sud e del quale la nostra regione potrebbe essere l’epicentro. D’altronde, come una volta disse quel grande statista che fu Aldo Moro, “nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e essere nel Mediterraneo, perché l’Europa intera è nel Mediterraneo”. Dovremo, dunque, lavorare bipartisan se non “tripartisan” a questo importante progetto politico: la Puglia, avamposto d’Europa al centro del Mediterraneo, ma nella consapevolezza mazziniana che “l’Italia sarà quello che il Mezzogiorno sarà”. In questa ottica, si procederà pure ad una più puntuale interlocuzione con la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Regionali Europee ( CALRE) finalizzata ad uniformare i processi legislativi della Regione ai dettati europei. Lo Stato ha compiuto 150 anni; i Comuni hanno secoli e secoli. Il Risorgimento fu un processo storico certamente complesso e indubbiamente contraddittorio, ma che ebbe il grande merito di affermare i valori della Libertà ed il concetto di Nazione. Considero un dovere celebrare questo importante avvenimento. Ma, quella che vorrei ricordare, però, non è la storia disegnata unicamente dai grandi personaggi. Perché, dietro le quinte della grande storia si è mosso anche in Puglia un universo di uomini e donne senza distinzione di classi sociali accomunati soltanto dall’aspirazione di contribuire alla formazione dell’Unità d’Italia ed ai quali desidero rendere omaggio. Ecco perché, a mio parere, il 150° anniversario deve essere una occasione per ripensare il presente guardando al futuro senza dimenticare il passato. Ma partendo dal basso, dalla nostra storia comune e dalla nostra identità nazionale. Una identità plurisecolare che non può essere percepita come fragile. Mai e per nessuna ragione. Ma “base essenziale di ogni avanzamento – ripeto ancora una volta le parole, in proposito, di Napolitano - tanto del Nord, tanto del Sud, in un sempre più arduo contesto mondiale”. Non credo, dunque, nelle contrapposizioni, ma piuttosto nella esaltazione delle diversità, delle specificità dei territori, nei mille campanili che, insieme, costituiscono la ricchezza dell’Italia intera. A questo proposito, mi piace citare le parole del cardinale Bagnasco, la sua esortazione “per un nuovo innamoramento dell’essere italiani”, puntando sulla famiglia e sul lavoro, mentre invoca l’introduzione del quoziente familiare, e la definizione di riforme che producano crescita e guardino alle piccole e medie imprese nei comparti cari al Mezzogiorno: turismo, ricerca, artigianato, agricoltura. E veniamo alle istanze che mi sembra i Sindaci delle città meridionali abbiano espresso molto chiaramente nel manifesto dell’ANCI per il Sud, incontrandosi per la prima volta a Bari nei giorni scorsi. Lo hanno fatto in quello stesso Teatro Piccinni dove, va ricordato, nel gennaio del ’44, con il Congresso di Bari, nacque la democrazia repubblicana. Le emergenze, sottolineate dai sindaci, dovranno essere affrontate dalla Regione Puglia con rinnovato vigore. Mi riferisco all’impegno contro la criminalità ed il lavoro nero e per sconfiggere l’insopportabile litania dei morti sul posto di lavoro; a politiche di sostegno all’azione dei Comuni e alla modifica del Patto di Stabilità. Mi riferisco ad un piano straordinario di infrastrutture definito d’intesa con gli Enti locali ed il Governo; e poi, ancora, ai fondi aggiuntivi e non sostitutivi di quelli ordinari. In sostanza, è necessario puntare su un federalismo vero e solidale che tenga conto dei singoli sistemi economici e sociali locali. Il regionalismo, lo ricordo, nacque essenzialmente come esigenza di decentramento amministrativo. Mentre, il federalismo fiscale proviene da una nuova dimensione dello Stato, di prelievo fiscale, di redistribuzione. Mi chiedo se i due aspetti siano davvero fungibili e se l’assetto territoriale e la dimensione abitativa delle regioni siano compatibili con la dimensione federalista che è cosa del tutto diversa. Mi auguro che questa larga convergenza sulla mia persona si verifichi anche in tutte le fasi della attività del Consiglio in un confronto aperto e corretto nell’interesse della Puglia, senza dimenticare i cambiamenti ai quali siamo chiamati dalla politica economica del governo nazionale. E’, infatti, indubbio che con la sfida del federalismo fiscale si ponga una maggiore responsabilizzazione delle classi dirigenti che sono chiamate a compiere un salto di qualità, ad abbandonare le logiche assistenzialiste, a prendere in mano, da protagonisti, il destino dei loro territori per garantire crescita e benessere. D'altronde, come in tempi non sospetti ha sottolineato un filone particolarmente fecondo del meridionalismo, da Salvemini, a Gramsci, a Sturzo, lo sviluppo del Sud non può che passare attraverso una sua maggiore autonomia, con tutti i rischi, ma anche con tutte le potenzialità che questo comporta. Si tratta di un quadro che, in linea di principio, non può non vederci d’accordo purché sia adeguato, in termini pragmatici, alla realtà nazionale ed in particolare del Mezzogiorno. Tutto questo per evitare che il dualismo del Paese, il ritardo infrastrutturale che ancora sussiste, non finisca per penalizzare ulteriormente un sistema economico che eroicamente resiste e si sviluppa e che è, in particolare, quello delle piccole e medie imprese, tessuto connettivo dell’economia pugliese. Intanto, però, dobbiamo fare i conti con una disparità che investe la crescita del PIL, l’occupazione (nel 2009, la disoccupazione al Sud è stata del 62% superiore rispetto al resto del Paese) con una ripresa dell’emigrazione verso il Centro-Nord, specie delle giovani generazioni, spesso le più dinamiche e qualificate. E questo, malgrado le politiche innovative messe in atto dalla Giunta Vendola con le iniziative di Bollenti Spiriti e Ritorno al Futuro. Ma ricordo anche l’internalizzazione dei lavoratori in alcuni comparti, come ad esempio, la sanità. Ci troverai al tuo fianco, presidente Vendola, a sostegno di ogni altra iniziativa che il Governo regionale vorrà mettere in atto per favorire l’occupazione. Abbiamo appreso tutti quale sarà la manovra del Governo che chiede sacrifici duri ai cittadini “affinché l’Italia non faccia la fine della Grecia”, come giorni fa ha affermato Gianni Letta. Una manovra da 24 miliardi, a mio parere, di una iniquità sociale enorme perché pesa quasi tutta sulle spalle del pubblico impiego. Il Consiglio non si sottrarrà alle sue responsabilità in questo momento di crisi epocale, sostenendo le politiche del Governo Regionale anche con iniziative legislative autonome per contrastare il disastroso impoverimento delle famiglie e del mondo del lavoro in generale. Vorrei, pensando alle politiche del lavoro, ricordare quanto si è fatto a favore dell’integrazione multiculturale. Ricordo a me stesso quanto la Puglia sia terra di accoglienza, nonché porta d’accesso ai mercati internazionali, in questo ”ripensamento del mondo”, che la vede non più area periferica ma anello di congiunzione tra il Nord e il Sud del Mediterraneo. Una ragione di più, tornando al federalismo, per omogeneizzare il territorio migliorando la qualità dei servizi pubblici e delle prestazioni fondamentali. Questo ritardo che certamente investe i diritti di cittadinanza ma, nel contempo, indebolisce la struttura stessa dell’assetto economico delle regioni meridionali, deve però rappresentare una opportunità. Per dirla con il governatore della Banca d’Italia, Draghi, “gli spazi di crescita sono molto più ampi al Sud che al Nord. Azioni volte a sfruttarli possono dare un contributo decisivo al rilancio di tutta l’economia italiana”. Tutto ciò, a mio parere, è ancor più valido in una prospettiva di ripresa dopo la crisi. Non leggerei, ad esempio, in negativo il federalismo demaniale che trasferisce alle Regioni porti, ex caserme e laghi. Alla Puglia toccherà una eredità importante e questo non potrà che costituire una occasione favorevole. Ma, i servizi collettivi - mi riferisco a scuole, giustizia, salute, infrastrutture, acqua - a mio parere, devono e non possono che essere pubblici. Cosa accadrà? Difficile ipotecare il futuro. Un federalismo ben disegnato sarebbe utile a tutti. Certamente, un esito positivo sarà più probabile se la discussione coinvolgerà anche i cittadini attraverso una partecipazione sociale e politica. E più ancora attraverso una collaborazione attiva, anche istituzionalizzata con il sistema delle autonomie locali e del partenariato economico e sociale. Questi, in grandi linee, gli scenari in un momento in cui le Regioni festeggiano il 40esimo anno dalla fondazione. Sono stati anni importanti che hanno visto cambiare il volto della nostra regione. Mi piacerebbe, però, che l’argomento fosse approfondito, magari con uno studio-ricerca che possa rappresentare un focus su questi quarant’anni. “La funzione della Regione – affermò allora Beniamino Finocchiaro, socialista e primo presidente del Consiglio regionale nel 1970 – è di delineare le grandi direttrici dello sviluppo e diventare la protagonista delle battaglie per le riforme” attraverso piena autonomia politica. Da questa considerazione prese le mosse, a cento anni dall’Unità d’Italia e quindi di esperienza centralizzata, lo Statuto Regionale e che un altro socialista, Luigi Tarricone, secondo presidente del Consiglio Regionale, non esitò a definire “strumento di democrazia”. Questo documento giuridico – disse all’epoca Finocchiaro – “è anche la Carta Costituente sul riscatto dallo stato di minoranza economica e civile in cui il Mezzogiorno è rimasto per decenni”. In questo taglio si collocò, all’epoca, lo Statuto che, fermo restando il sacrosanto impianto meridionalistico, oggi va rivisitato in chiave euro mediterranea. Una riforma che porterebbe in seno la ridefinizione della missione del Consiglio e quindi del rapporto dell’Assemblea con l’Esecutivo. Il mio auspicio è che si ricostituisca lo spirito del primo regionalismo affrontato con una comunità di intenti da Beniamino Finocchiaro, dal presidente della prima Giunta regionale, Gennaro Trisorio Liuzzi e dal suo vice, Michele Di Giesi. A loro va il merito di aver saputo armonizzare e dare equilibrio, nella suddivisione dei poteri costituzionali trasferiti alle Regioni, le prerogative dell’Esecutivo e quelle dell’Assemblea. Una architrave che oggi dobbiamo ridisegnare e che passa anche attraverso il completamento del processo di autonomia del Consiglio, già avviato dal presidente Pepe, d’intesa con l’Università di Bari, secondo le previsioni dello Statuto (art. 23) e della Legge regionale n.6/2007 (Norme sull’autonomia organizzativa, funzionale e contabile del Consiglio regionale). Si tratta, in realtà, di un processo da completare per disegnare con efficienza e funzionalità l’organizzazione delle strutture del Consiglio e l’istituzione del ruolo del personale. Ma, questo processo deve essere completato per quanto riguarda la gestione del personale e l’autonomia di bilancio. Queste intese, di concerto con la Giunta regionale, sono indispensabili per garantire al Consiglio stesso risorse finanziarie e umane adeguate allo svolgimento diretto delle attività di organizzazione, amministrazione e gestione del proprio personale. Ed a proposito di personale, desidero ringraziare sin d’ora tutti coloro che a più livelli consentono il buon funzionamento dell’Assemblea e degli uffici del Consiglio. Mi impegno a valorizzare le loro professionalità e le loro competenze. Dopo questa doverosa digressione, torno alle riflessioni sulla vera e propria rivoluzione che questa legislatura si appresta a vivere e per la quale non può farsi cogliere impreparata. Per far questo tutta la filiera istituzionale dovrà giungere, attraverso un progetto condiviso, ad una organizzazione moderna, snella per dar vita ad un Ente regionale nuovo ed avanzato sul quale, peraltro, ricadono sempre maggiori responsabilità. I punti cruciali che a mio avviso andranno con forza affrontati sono strettamente concatenati, perché riguardano, tanto per cominciare, la modifica al Regolamento del Consiglio Regionale. A questo proposito, penso che vadano meglio disciplinati i lavori d’aula e delle Commissioni Consiliari con una ben strutturata e condivisa architettura dei tempi che possa consentire, in sintesi, più diritto di parola, meno diritto all’ostruzionismo sterile ponendo anche particolare attenzione alla disciplina degli emendamenti. Programmazione, razionalizzazione, calendarizzazione, snellimento, confronto consultivo saranno i punti di forza su cui puntare, restituendo slancio alla più proficua attività legislativa e politica adeguandoci ai tempi ed alle discipline europee. Poc’anzi ho parlato di filiera istituzionale, perché riforme e modifiche non potranno che essere a tutto tondo. Strettamente concatenata, infatti, è pure la modifica alla Legge Elettorale Regionale, argomento che auspico affronteremo a breve termine, in coerenza con la filosofia del nuovo Statuto. Tutti, infatti, dobbiamo concorrere ad eliminare le incoerenze che hanno visto la nostra regione protagonista in negativo. Per un insopportabile ritardo sui tempi della proclamazione degli eletti a causa dell’inconciliabilità tra le prescrizioni dello Statuto che fissa a 70 il plenum dell’Assemblea e le indicazione della Legge Elettorale che, garantendo il premio di governabilità, ne elevava il numero a 78. Con la conseguente stagione dei ricorsi amministrativi da parte degli eventuali aventi diritto. D’altronde, questa necessità di modifica nasce dal bisogno di garantire la governabilità alla coalizione che abbia vinto le elezioni, ma anche da un inequivoco sistema elettorale. Ridurre il numero dei consiglieri per contenere i costi della politica e introdurre una corretta politica di genere sarebbe la base su cui partire per una riforma che consenta di gestire il mandato a governare con regole certe. Le riforme istituzionali però non possono che camminare su un binario parallelo rispetto a molte altre emergenze cui la Puglia si sente chiamata a dare risposte adeguate. Quarant’anni sono un tempo d’attesa lunghissimo. Ritengo che la Regione abbia maturato il diritto ad una sede unica, moderna, prestigiosa e funzionale alle esigenze dei cittadini e degli utenti in generale. Siamo per fortuna sulla strada giusta. L’8 aprile sono partite le procedure per la realizzazione della nuova sede del Consiglio regionale che sorgerà, come è noto, a Bari, in via Gentile. E’, inoltre, in fase avanzata, l’iter per i lavori di ristrutturazione e adeguamento funzionale dell’ex centro servizi del Ministero delle Finanze che finalmente riunificherà gli uffici degli assessorati nell’unico comprensorio del Rione Japigia. Nella nuova sede gli amici giornalisti potranno trovare degna ospitalità e ogni comfort. A questo proposito, mi preme dirvi, che mi è dispiaciuto apprendere dei vostri disagi. Tutti voi vi prodigate per fare al meglio il vostro mestiere, fatto anche di duro lavoro ed a volte di sacrifici, fornendo una informazione sulle attività regionali precisa e puntuale. Per questo vi ringrazio. E vi ringrazio pure per la vostra comprensione. Riprendo il filo del mio discorso: mi piacerebbe ancora dar vita, su modello di altre regioni (penso al Piemonte, al Friuli Venezia Giulia, alla Toscana) al Consiglio Regionale dei Ragazzi. Un progetto di “open government” che raccorderebbe due mondi molto distanti tra loro come quello politico e quello dei giovani in un processo di formazione democratica. Ma, questa IX legislatura sarà chiamata ad affrontare molti altri temi cogenti. Non potrà che essere bipartisan, ad esempio, un rinnovato impegno della Regione Puglia per difendere la sede dell’Autorithy agroalimentare a Foggia, un vero e proprio scippo che grida vendetta. A questo proposito non posso esimermi dal sottolineare la caduta di stile del giornale della Lega Nord, “La Padania” che ha rifiutato una inserzione pubblicitaria nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla soppressione, appunto, dell’Agenzia nazionale sulla sicurezza alimentare di Foggia. A meno che l’inserzione non sia ingannevole, un giornale non deve mai rifiutare la pubblicità. L’atteggiamento della Padania, non merita altri commenti. Tornando a noi, sono certo, sarà bipartisan anche il sostegno alla candidatura di Bari per ospitare nel 2015 il Word Water Forum, oltre ad una serie di iniziative sulla Dieta Mediterranea. Senza dimenticare la candidatura della città a Capitale Europea della Cultura nel 2019. Penso che oggi noi tutti si debba avere il coraggio e la volontà di essere protagonisti di un mutamento che va oltre i confini nazionali. Perché, come ha scritto la grande poetessa Alda Merini, “guai se si perde la speranza nella nostra forza”. Non me ne vorrà il presidente Vendola, se mi avventuro in una voluta invasione di campo parlando di temi ambientali. Mi riferisco, in particolare, alle numerose autorizzazioni rilasciate dal Ministro dell’Ambiente ad effettuare prospezioni per la ricerca del petrolio al largo delle coste Pugliesi, isole Tremiti comprese. Il Consiglio regionale della Puglia ha avuto la responsabile lungimiranza di approvare all’unanimità la legge con la quale si impedisce la realizzazioni di centrali nucleari sul nostro territorio. Potrà con altrettanta determinazione ed autorevolezza impegnare il presidente della Giunta ed il suo Governo per una azione di salvaguardia dell’Adriatico. In che modo? Favorendo una intesa tra le regioni italiane che si affacciano su questo mare; impegnando il Governo nazionale ad avviare opportune iniziative con i Paesi frontalieri, affinché non si proceda allo sfruttamento dell’Adriatico che, per la sua stessa morfologia, non potrebbe sopravvivere finanche al solo rischio di un disastro simile a quello che sta vivendo la Lousiana. Volgo al termine non senza aver rivolto un pensiero ed un ringraziamento a tutti i presidenti del Consiglio che mi hanno preceduto. Per me la loro opera sarà un valore aggiunto. Ringrazio tutte le Istituzioni, civili e militari, le Autorità religiose e tutti voi che avete avuto la pazienza di ascoltarmi. Un grazie anche agli amici giornalisti confidando nella loro sempre maggiore collaborazione. Un ringraziamento particolare desidero porgere alle Forze dell’Ordine per la loro generosa azione di contrasto alla criminalità a garanzia della sicurezza dei cittadini e del territorio. Concludo ripetendo le parole di Beniamino Finocchiaro all’atto del suo insediamento, perché più di altre rendono l’idea dello spirito con cui assolverò il mandato che mi è stato conferito: “assumo l’ufficio che avete voluto assegnarmi in questo consesso, che da domani non avrà più il volto solenne di una assemblea che si insedia, ma quello dimesso di un centro di lavoro”.


Un impegno con me stesso; una promessa per tutti voi.

Grazie.
-ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI-
"Gazie per gli auguri affettuosi che mi avete inviato. E' stato per me un momento di grande emozione e mentre venivo eletto presidente del consiglio regionale il mio pensiero è corso agli uomini che hanno fatto grande il PSI in questi anni, ma anche alla coerenza con la quale i compagni hanno continuato a portare avanti le battaglie in favore di chi non ha voce. Siamo stati ricompensati ed io ne sono commosso." Onofrio Introna