25 agosto 2010

QUEL CHE OGGI TOCCA AI SOCIALISTI

di GIANVITO MASTROLEO

A meno del miracolo che con tutta la buona volontà neppure il Presidente Napolitano potrebbe fare (giacché in gioco è proprio la sua successione, come mette in evidenza Formica, Corriere 25.8), fra qualche mese si andrà a votare: non sarà difficile, infatti, dimostrare che la maggioranza di governo non c’è più e che eventuali, ancorché improbabili, soluzioni alternative sarebbero politicamente impercorribili.
Quell’armata invincibile, forte di una inedita maggioranza parlamentare, risalirà miseramente le valli che aveva baldanzosamente disceso: il leaderismo plebiscitario e populista dal quale aveva preso origine ha completato la sua opera.
Tutto quello che accade, dalla riedizione delle “squadre” che il paese ha tragicamente conosciuto, al “porta a porta” per le primarie, o al veltroniano “Appello all’Italia”, ormai serve solo a riposizionare protagonisti e schieramenti.
L’unico dato certo è il fallimento del bipolarismo del quale, piuttosto che le sbandierate positività, s’è fatto appena in tempo a subire le italiche negatività.
Alle elezioni si tornerà con tre coalizioni, il centro, la destra legista e berlusconiana, la sinistra, ciascuna con più liste collegate.
Il Partito Socialista Italiano, com’è stato deciso nel Congresso di Perugia, sarà in campo con la sua lista; ma, dovendo ciascuno portare la propria dote, difficilmente la piattaforma politica di una sinistra rinnovata, auspicabilmente unitaria, porterà la sua impronta determinante.
I socialisti, dunque, hanno il dovere di ridefinire la propria e battersi perché sia accolta.
A partire dalla riaffermazione della piena legittimazione come partito di governo negli anni novanta travolta dalla ventata giustizialista, i cui effetti tuttora mettono a rischio la democrazia parlamentare; e dunque, l’identità socialista come una delle componenti tutt’ora attuale per la democrazia italiana.
A questo scopo aiutano alcune novità editoriali di queste settimane estive che appare utile citare: I cari estinti, l’ultimo lavoro editoriale di Gianpaolo Pansa (Rizzoli edit.) e Il morbo giustizialista di Giovanni Pellegrino e Giovanni Fasanella (edit. Il Mulino, 2010)
Due libri che vanno letti e commentati assieme, perché in bene argomentata controtendenza rispetto alla letteratura politica che ha contribuito negli anni ’90 alla rappresentazione dei socialisti italiani come la sentina del malaffare del potere politico e madre della corruzione che ha invaso il paese e che, come è ormai accertato, non è stato esorcizzato ma si è aggravato.
Eugenio Scalfari, ideologo della rivoluzione per opera dei Giudici e dei Giornali (meglio se quelli di cui disponeva lui, Repubblica e Espresso) e ispiratore dei suoi più fedeli fra cui lo stesso Pansa e il non dimenticato conterraneo Giovanni Valentini, fu tra i più feroci giustizieri dei socialisti, mentre oggi, parlando dei problemi della giustizia che investono Berlusconi e la destra, addirittura consiglia la lettura (editoriale di Repubblica del 21 agosto) de “Il Morbo giustizialista”.
Un libro nel quale, prendo solo a campione, si legge: “c’è un modo di sentire di una parte consistente dell’opinione pubblica, in particolare di sinistra, che può essere compreso ma non condiviso o assecondato; perché fatalmente finisce per condurre al populismo e alla demagogia, incompatibili con un sistema democratico. Bisogna avere il coraggio di dire che una democrazia vera si nutre di politica e si avvelena di antipolitica”; ancora: “L’idea era appunto che nella nuova epoca del dopo guerra fredda (crollo del muro di Berlino 1989 n.d.r.) se non fosse stata la giustizia a fungere da supremo regolatore di tutto ci sarebbe stato solo il disordine provocato da una politica che non avendo più ideologie da realizzare avrebbe favorito soltanto spinte individuali e interessi particolari”: spinte che Scalfari e i suoi seguaci ritennero di individuare in Craxi e nel Psi nutrendo, appunto, la democrazia di antipolitica.
A Scalfari viene in aiuto Pansa con le biografie del suo libro, in particolare con i medaglioni dedicati a Berlinguer, De Mita, De Martino, Nenni, i più d’uno dedicati a Craxi con episodi e testimonianze recuperate dal suo taccuino di cronista sui vari personaggi: fra i quali appunto Craxi, al quale riconosce le qualità di uomo di Stato, artefice di proposte originali (boicottate) per la riforma delle Istituzioni statali, e del quale finalmente abbandona lo stereotipo del “cinghialone” artefice del processo corruttivo del paese, equiparandolo invece, né più e né meno, alla media dei leader politici socialisti, democristiani e comunisti.
Colpisce particolarmente l’episodio raccontato da Pansa, quanto Nenni, ormai 89enne, per solidarietà sente il bisogno di recarsi dal suo avversario storico De Martino in occasione del rapimento del figlio Guido, a Napoli in una casa senza ascensore e che giunto al terzo piano vien colto da un malore che gli fa rischiare la vita: testimonianze di quel più unico che raro umanesimo socialista, ormai dimenticato, ma che fu all’origine dell’adesione di molti di noi.
Un insieme che ancora una volta segnala che la storia, anche se in ritardo, dà sempre ragione a i socialisti, e che oggi ciascun socialista può riprendersi e con orgoglio la parte dell’identità che di cui qualcuno li voleva privare o che oggi qualcuno si ostina a non riconoscere.
E, dunque, che non c’è nessuna necessità di andare a cercare altrove un’identità con la quale, piuttosto, tocca ad altri confrontarsi con piena e reciproca disponibilità, prendendo a riferimento anche una Cultura che ha radici solide e antiche e che non essendo affidata solo alle parole non corre il rischio di restare travolta da nessuna ventata di pseudo-modernità.
Per il che verrebbe in aiuto l’esperienza americana, dove finanche il mito di Obama rischia di essere travolto dallo stesso consenso popolare sul quale era prepotentemente lievitato (come anche un insospettabile studioso a noi molto vicino, Nico Perrone, mette in evidenza, nel suo recente volume “Obama il peso delle promesse” ediz. Settecolori, 2010) e al quale non solo l’America aveva affidato le sue speranze.
25 agosto 2010