7 dicembre 2011

Due parole sul dopo - Fiuggi

di Gianvito Mastroleo


Le valutazioni politiche sul Congresso-Conferenza di programma di Fiuggi le faremo nel Direttivo che speriamo di organizzare quanto prima.

A me preme anticipare due cose.

Il Congresso fu concepito in un clima politico del tutto diverso da quello nel quale si è celebrato; nonostante la buona volontà di Nencini, con la sua buona relazione, l’emergenza del Paese ha fatto premio sui contenuti, soprattutto dibattito e nelle conclusioni tratte nell’attesa dei provvedimenti varati dal Governo nello stesso pomeriggio.

Nella relazione Nencini ha espresso un concetto condivisibile: l’atteggiamento delle forze politiche rispetto ai provvedimenti del Governo determineranno il quadro delle alleanze in vista delle elezioni del 2013: giusto, anzi giustissimo.

Il voto del senatore Vizzini, dunque, e l’atteggiamento del PSI rispetto ai provvedimenti del Governo Monti non può che essere di consenso, ancorchè critico, finanche rispetto al ripristino dell’IMU (ex ICI) per la prima casa: se non si vuole entrare in contraddizione con se stessi, ma soprattutto per non essere confusi con i populismi leghista o dipietrista.

La seconda: non è stato un bene che dalla discussione del Congresso sia rimasto fuori il tema del Mezzogiorno: lo avrebbe richiesto una considerazione politica che mi ero ripromesso di illustrare.

Da un paio di mesi in avanti si è rotto il patto tra PDL e Lega del quale Tremonti era garante nel Governo: in cambio del federalismo (oggi messo seriamente in pericolo, o comunque non più fra le priorità del governo) la Lega Nord si era impegnata a rinunciare alla battaglia per il “secessionismo”.

Battaglia che oggi la Lega con la casacca di partito d’opposizione e ridefinendola per la “indipendenza” ha ripreso, sostenuta dalla considerazione che la condizione socio - economica dei territorio del Nord Ovest, dove registra il suo massimo insediamento, ha un reddito pro - capite e un PIL pari a quello della Germania; il che legittimerebbe quei territori a seguire più le politiche tedesche che quelle dei paesi più deboli dell’Europa.

Mentre il Mezzogiorno è sotto la duplice pressione: un’inedita situazione di disoccupazione e bassi redditi, e la spinta delle rivoluzioni magrebine i cui effetti si riversano soprattutto verso le regioni meridionali, aggravandone la condizione.

Sottosviluppo e inoccupazione diffusa, dunque, (altro che superato il divario!) mettendo a rischio l’unità della nazione e la coesione sociale, posta a fondamento del cambiamento voluto e garantito dal presidente della repubblica Napolitano.

Quando ci riuniremo citeremo tutti i dati: oggi si può anticipare che l’effetto combinato della caduta di competitività e del rallentamento decennale della crescita dell’intero paese della gravissima recessione del 2008-2010, dei profondi tagli lineari realizzati sui grandi servizi pubblici nazionali e delle persistenti difficoltà del bilancio pubblico italiano anche per le nuove norme del Patto di stabilità europeo, della cancellazione delle politiche regionali possono produrre un effetto “catastrofico” per il Mezzogiorno.

Sarebbe il caso, perciò, che i socialisti – e non solo quelli meridionali - riflettessero su tutto questo non relegando il tema in un Ordine del Giorno che nessuno leggerà mai, e di nessuna incidenza nell’azione politica.