17 giugno 2012

SIAMO A DICIASSETTE! ORA O MAI PIU’

di GIANVITO MASTROLEO


Siamo alla diciassettesima: sono tante , infatti, le volte (o forse qualcuna in più) nelle quali la Corte Costituzionale, un’Autorità o il Governo hanno impugnato o bocciato un provvedimento della Giunta o dell’Assemblea Regionale della Puglia: in oltre quarant’anni di regionalismo un record assoluto e non sempre per il fuoco del nemico, a volte anche per quello amico.

Questa volta è toccato ad un argomento “sensibile” approvato dal Consiglio alla quasi unanimità dei presenti: la modifica della norma statutaria, riducendoli a sessanta, che fissa in settanta il numero dei consiglieri regionali, mentre l’opinione pubblica si sarebbe attesa un “sacrificio” maggiore.

Con argomentazioni tecniche magniloquenti, la difesa dell’autonomia, delle prerogative e delle competenze regionali, la distinzione fra costi della politica e costi della democrazia (quasi che la sua tutela possa essere affidata a dieci consiglieri regionali in più o in meno, piuttosto che alla severità della competizione nella selezione del personale politico), passò la tesi più favorevole alla autotutela della corporazione.

Naturalmente, furono accantonate troppo frettolosamente le ragioni politiche, condite da quel pizzico di ideologia che non guasta, che avrebbero dovuto prevalere sull’orgoglio istituzionale, con la riduzione a cinquanta.

Dimenticando, però, che non solo quando la casa brucia, ma quando ragioni istituzionali e di interesse generale non coincidono con le aspettative politiche (con le quali spesso si contrabbandano esigenze propriamente elettoralistiche) tocca a queste ultime fare un passo indietro.

L’impugnativa non equivale a bocciatura della legge: ma si può supporre che la Corte seguirà la linea del rigore, come del resto il presidente Introna lascia intendere, con la sua immediata dichiarazione. Che fare, a questo punto?

Il Consiglio regionale darebbe prova di grande sensibilità istituzionale e politica se, senza attendere il giudizio della Corte Costituzionale e ricorrendo ad una sorta di anomala autotutela, revocasse la legge e decidesse autonomamente di ridurre la composizione a cinquanta consiglieri, accompagnando la decisione a regole più stringenti quanto alle modalità dell’esercizio della funzione.

Sarebbe quella prova di coesione fra le istituzioni che spesso richiama il Presidente della Repubblica, oltre che di rispetto per l’interesse generale del Paese.

Ma l’occasione è propizia per tornare alla premessa: le sempre più numerose censure sull’attività del Governo e dell’Assemblea regionale.

La Regione non difetta di consulenti, alcuni di elevato profilo professionale, che in alcuni casi non possono non aver segnalato la improponibilità di decisioni, in particolare quelle dettate da furore ideologico, che a prima vista non si conciliavano con il Diritto e sulle quali, ciò nonostante, si è voluto insistere.

Lo Statuto regionale approvato nel 2004 prevede Istituti passati nel dimenticatoio: accanto al Consiglio delle Autonomie locali (art. 45) e alla Conferenza regionale per la programmazione economica, territoriale e sociale (art. 46), figura il Consiglio Regionale Statutario (art. 47)): un organismo di sole cinque persone, tutte particolarmente qualificate, che in materia avrebbe potuto esprimere un parere neutrale.

Si disse che non l’avrebbero consentito ragioni economiche: sarà!?

Ma non è venuto mai in mente a nessuno di pubblicare una chiamata facendo appello al senso civico dei candidabili e, pur di insediare un organo di rilevanza statutaria, garantire solo un rimborso di spese?

In fondo, trattasi di tre ex consiglieri regionali, con relativa pensione, e due illustri professionisti o docenti che avrebbero potuto accettare di partecipare anche solo per un onore grande, mentre tutti sarebbero stati felici di dare un contributo particolarmente qualificato ad una Regione che con questi atti ne rivela particolare necessità.